nicolaeremita ode verdi

Ah, qual forza tuo destin!

Ode a Giuseppe Fortunino Francesco Verdi.
Le Roncole, 10 ottobre 1813
Milano, 27 gennaio 1901

 

I 1 — 4
Nel mondo, da filatrice ed oste, eietto,
in Roncole, contrada di Busseto,
Verdi Bepi compiva il primo atto,
a musicar suo talento col spinetto.

II 5 — 8
Manifesto fé di sé al Cavalletti,
meccanico nei melodici istrumenti,
ed ei, raffermo ai suoni tal siffatti
nolle nasconder dei godimenti.

III 9 — 12
Ei, intriso di solerzia e senza posa,
poscia aver sanato il vil strumento
riavviò con mano e fé la chiosa
con detto italico, al gentil portento.

IV 13 — 16
In Marzo dell’ottocento anno ventuno
l’artigian modesto e luminoso
dell’ottenne capace ed opportuno
seppe avvenir fulgido e armonioso.

V 17 — 20
Alle note avezzo e mai avulso od ebbro
Bepi principiò coltivar sonora mente
all’ordine di cui fu lustroso membro
Cartesio, che viver volle dubbiosamente.

VI 21 — 24
È costì che Sant’Ignazio di Loyola,
che a Gesuiti diede il seme,
fu pel Bepi infante, prima scola
lì, di scienza grave e di speme.

VII 25 — 28
Principiò la musical composta rima
et, colla mano, l’istrumental pratica
dal Provesi Mastro di certa stima
di paesana banda Filarmonica.

VIII 29 — 32
In Busseto, intento in giochi bimbi,
ei trascorrea lieti giorni di bimbo;
ma quei potean essere i suoi piombi,
se avesse sé lasciato in quel limbo.

IX 33 — 36
Dhé, mossesi pigliosamente lesto
in quel Milano centro della musica
ma al Conservatorio repente fu molesto
avendo ei già vissuto l’età fisica.

X 37 — 40
Senza lasciar frustrato il luogo vivo
al Lavigna, Bepi giusto venne
e fu attento al cembalico divo,
della Scala Mastro senza strenne.

XI 41 — 44
Devossi indi a liete frequenze
de teatri dell’ambrosiane mura
onde fondar le personal istanze
che faran del genio sua premura.

XII 45 — 48
Il giovin messer Verdi, vide costì
senza intermedia stirpe alcuna
opere fresche, sceneggiate ognidì
che dell’arte copria ogne lacuna.

XIII 49 — 52
Quel che di Sforza fu baluardo,
divenne d’Austria ciambellano,
Bepi il fé di suo bel riguardo
a non esser di tal musica profano.

XIV 53 — 56
La giovine promessa non tediava
il tempo suo, all’uopo concesso;
mentre giusto nome e fama creava
spendea in teatro e corti lo stesso.

XV 57 — 60
Ed è così che non ebbe i sacri voti
per divenir mastro di cappella
ma grazie al ciel ebbe le doti
sol pel melodramma farsi ancella.

XVI 61 — 64
Venner quindi gli anni illustri
cui al lavoro egli dette fiamma
e da quei giorni, non vi frustri,
egli dette voce a vasta gamma.

XVII 65 — 68
D’opere tante fu lume e fattore
Rocester lunga e Stanislao bislacco
ma una certo l’incoronò creatore
quella che ognun conosce: il Nabucco!

XVIII 69 — 72
In essa appare il gran splendor del genio
del solo tutta la vasta immensità
nel suono e nella scena proemio
all’epica vicenda dell’umanità.

XIX 73 — 76
Ernani fu quindi il dramma più teso
cui Venezia fu chiesa in Fenice
dove genti passioni e conteso
divengon di mondo audace vernice.

XX 77 — 80
Venner quindi i Foscari e l’Alzira,
dei drammi verdiani la schiera,
in ognun egli tiene la mira:
per mostrar la passione più fiera.

XXI 81 — 84
Macbeth opera grande Bepi crea
ed è come il cugino Guglielmo;
parole gemelle certo non potea
fé della musica, sicuro, il suo elmo.

XXII 85 — 88
Nel mezzo del cammin di sua vita,
Verdi giunse alla fama del mondo;
ma pel suo zelo non crede sia finita
ed è la Francia del fine lo sfondo.

XXIII 89 — 92
Sorge inatteso il patriottico moto
in intime rime ascoso e non bruto.
Quindi è Schiller, scrivano ben noto
ch’egli non vuol che in sé resti muto.

XXIV 93 — 96
Splende ancor baldo nella Fenice
perfetto, d’equilibrio composto,
Rigoletto, che presto all’olimpo lo dice,
il brano che in Hugo fiducia ha riposto.

XXV 97 — 100
Sul Rigoletto incauto s’abbatte la furia
simil natural infausta tempesta,
che, nel musical tono che da goduria,
imita Venezia nel dondolar di questa.

XXVI 101 — 104
Poi venner drammi altri e forti
d’intenso ritmo e sostenuto
notizia alcuna è dato che vi porti
giacché il tempo è contenuto.

XXVII 105 — 108
Preme rimembrar che ei certo c’era
per Deputato nel primo Parlamento.
E con il creator della prima nazion vera
vide di Patria mancar giusto sentimento.

XXVIII 109 — 112
Cavour Conte Benso e Camillo pingue,
fece vergar sua fiera richiesta
per l’inno che nazion in forma giunge,
dell’Universal Esposizion di festa.

XXIX 113 — 116
Finché di vita ebbe Bepi il puro spirto
mai cessò segnar con serio impegno
quei modelli che avea in seno il rito
di comun schiatta e colta valori e segno.

XXX 117 — 120
Per finir, come al genio si conviene
ei morì; e vaste lodi furon ammesse;
e sempre crescenti più il tempo viene
ché dai mediocri ai morti sono tesse.

Nicola Eremita 14 agosto 2014

La malsana lengua

Si tratta di un idioma estrapolato artificioso avulso da ogni origine culturale o etnica, se non per i limiti imposti al suo tirannico ideatore ( Nicola Eremita ) dalla sua ristretta e dozzinale cultura.

La malsana lengua cerca più che altro l’onomatopea e la forza espressiva della fonetica che possa rendere il senso plastico e realistico dei fatti. Essa si avventura nella ricerca di contrasti e nell’intento di stravolgere regole grammaticali e sintattiche senza impedire la comprensione ma piegando essa alle esigenze estetiche informali.

La malsana lengua non disdegna l’uso di termini scientifici, neologismi, la rima, non disdegna proprio nulla e nessuno. Ruba da tutta la narrativa la prosa la poesia la cronaca di cui l’autore possa far razzia.
Non ha dogmi, non ha codici se non quelli che impongono di dare un senso a ciò che si scrive, altrimenti non sarebbe sbagliato ma non sarebbe la malsana lengua, sarebbe il ben noto “non sense”.

Il suo scopo è un esito fonetico o musicale armonico ma anche, cacofonico a seconda dell’intenzioni e dei contenuti. Perché dominano la malsana lengua proprio le intenzioni ed i contenuti.

Se nelle arti figurative è stato ammesso l’inammissibile, è stato sdoganato il nulla, l’astrazione fine a sé stessa, l’incapacità manuale quale affermazione artistica al di soprà della tecnica ed in pura celebrazione dogmatica dei contenuti, si dovrà ammettere anche nelle lettere che si possa ignorare la lingua così come formalizzata e codificata, per la pura esigenza del contenuto al quale l’elementare suono delle parole va soggiogato senza pietà alcuna.

Lo scopo è rendere lo scritto corollario al contenuto come la cetra poteva essere il corollario ai cantastorie medievali, in esso insomma deve infondersi non solamente il significato ma anche una speciale armonia.

Ecco, in poche banali parole cos’è la malsana lengua. L’efficacia nella sua espressività resta tutta nelle mani di chi la usa e come.

non ho l'età

Non ho l’età

Una volta i vecchi non avevano cognizione del mondo dei giovani. Questo era un’anticipazione di quello dei vecchi. Si cresceva in fretta per essere presto braccia per l’industria o per la larga famiglia legata alla terra.

Nell’antichità la gioventù era solo un’età insulsa non esisteva alcuna idea psicanalitica o psicosociale che la inquadrasse.

La gioventù è un’invenzione della modernità, tecnologica, consumistica basata sulla geniale idea del rassicurante “tempo libero”, locus amoenus grazie al quale ognuno s’illude d’esser nato per qualcosa in più del solo scopo “produttivo” o di sopravvivenza o dell’imperscrutabile volontà divina.

Viviamo in un mondo in cui la gioventù esiste e svolge un grande ruolo, anche perché essa ha rotto gli argini della pubertà per dilagare fino alle soglie dell’età di mezzo.

I massmedia personalizzati ci consentono di vedere il mondo dei giovani; molti però dimenticano che hanno superato i 40 anni e non sono più in grado di comprendere empaticamente quel virulento e traumatico mondo.

Viviamo in un eterno presente di notizie o fatti riportati o informati o dicerie trafficate negli smartphone e nelle televisioni. Dalla nostra piccola finestra tendiamo sempre a giudicare il prossimo e ciò è male.

Fatti recenti circa il mondo giovanile sono legati a due artisti trap: Sfera Ebbasta e Junior Cally.

Le cronache s’interessarono a Sfera Ebbasta per lo scandalo della disgrazia in discoteca ma nulla è attribuibile all’artista, bensì ai pazzi criminali che hanno spruzzato il peperoncino e agli organizzatori, se non hanno adottato tutti i dispositivi di sicurezza per prevenire incidenti.

sfera ebbasta

Fu però da quei fatti dell’8 dicembre 2018 che nacque, grazie ai gazzettieri, una trita polemica sui testi e lo stile di questo cantante. Una polemica che non condivido affatto.

In questi giorni invece ci s’infuria contro il cantante Junior Cally, ricalcando sommariamente la trama della medesima precedente.

L’argomento del contendere è sempre basato sui testi delle canzoni dei due artisti. I testi infatti sono provocatori con termini volgari, descrivono atti di violenza e bullismo, usano un linguaggio gergale ( detto slang ). A questi testi s’associano movenze che mimano atteggiamenti di sfida, d’arroganza, di spavalderia. Alle movenze s’associano look e “decorazioni” del corpo con articoli superflui che si trovano in commercio a cifre notevoli.

junior cally

La ricetta riscuote successo tra molti ragazzini che seguono questi artisti, comprano i loro brani ( o li scaricano ), comprano o desiderano il loro look, i loro accessori, ne imitano le movenze e fanno proprio lo slang.

Sicuri che ciò sia esatto, che sia tutto?

Questo genere di musica, estremamente elementare e monotòna, che è solo un pretesto per dare spazio alla voce ed alle parole, nasce nelle strade. È il frutto dell’elaborazione del mondo giovanile, è espressione della volontà e dell’immaginazione di una buona parte del mondo dei giovani. E con buona intendo proprio nel senso di valida e meritevole.

Si tratta di un fenomeno artistico non indifferente che ha radici lontane, fino ai tempi dello schiavismo. Esso ha come spinta propulsiva un certo malessere, che affascina chi vive il disagio dell’adolescenza, come è ovvio che sia. La musica ed il ritmo del resto sono la prima esperienza artistica di ogni uomo.

La pura e semplice, banale, imitazione, nasce laddove questa forma d’espressione artistica giunge nuova ma viene subito compresa, come fosse già parte di un linguaggio precodificato, che emerge da fattori irrazionali e sensoriali che non sono ricevibili da chi non è più giovane. Magari lo sono da chi ha una sensibilità artistica come chi scrive qui.

Chiaro che persone come Red Ronnye, dalla cultura ristretta nei limiti del “musichiere” o dei “settanta”, nostalgico e polveroso, non hanno più nulla da dire in merito. Servirebbero infatti giovani in grado di parlarci della musica dei giovani.

Circa i contenuti?

Come ho scritto sopra l’artista semplicemente porta alla luce quello che si verifica in buona parte della “tenera” gioventù. Il mondo giovanile oggi, nelle sue ombre più che nelle sue luci, è così. Del resto i giovani vivono al nostro fianco e vivono, sotto una diversa prospettiva, la nostra realtà.

No alla violenza? No alla volgarità?

Di cosa stiamo parlando?
Viviamo immersi in un mondo mediatico che ci bombarda in continuazione di falsità di reclame di retorica moralistica; sempre gente che litiga e si contende potere e attenzioni.

L’arte è lo specchio emotivo ed induttivo della nostra esperienza sensibile quindi non può estraniarsi da essa, pena divenire una ridicola accondiscendente accozzaglia di buoni sentimenti, di melensa retorica, di moralismi e ciarpame sentimentaloide; massa di patacche fasulle e paracule, degne del favore di certa critica scoreggiona. 

Ma i bambini? Qualcuno ha pensato ai bambini?

Da quando esistono i giochi esiste la violenza nei giochi e fin dall’infanzia i bambini hanno esperienza della violenza e della morte. Pensare d’esentare da questa realtà i bambini è un’idiozia.

Modelli negativi!! Si fa passare un messaggio fuorviante!

Qui non si parla affatto di modelli negativi e tanto meno di far passare un messaggio fuorviante.
Purtroppo chi afferma ciò non ha gli strumenti per capire ed è vittima d’una reazione emotiva e superficiale.
L’artista e il suo prodotto sono invitati a San Remo perché hanno già dimostrato d’avere largo seguito tra un particolare pubblico che è quello dei giovani e dei giovanissimi.

Non è l’artista che travia i ragazzini, egli è solamente un interprete dei tempi che corrono e lo è con tutta la sua immaginazione che lo fa distinguere da qualsiasi fenomeno banale.

Oggi più che mai non è assolutamente possibile realizzare uno spettacolo popolare imponendo una morale o un cliché di perbenismo di Stato, come fu ai tempi di Gigliola che cinguettava il suo mantra di ragazza illibata, succube e complice ( invasata o plagiata ) di un sistema che opprimeva la libertà e negava l’emacipazione.

La retorica sulla non-violenza può andar bene per qualche comizietto politico ma quando si tratta dell’arte finalmente non valgono queste regole.

I rischi?

Nulla di tutto ciò è esente da rischi. Le folle hanno esclusiva attitudine conformista e raramente riescono a produrre ragionamenti razionali od equi.

Ogni fenomeno creativo del singolo ( non ne esistono di massa ) che venga condiviso in un gruppo o in una comunità ( folla ) può avere due differenti esiti:
1) corre il rischio di divenire conformismo quando esso viene assunto come chiave per l’accesso al gruppo od alla comunità. Il conformismo infatti è un processo di semplificazione utile alla sopravvivenza dei gruppi;
2) se questo fenomeno si diffonde globalmente ha la possibilità d’essere rielaborato e quindi di avere una continuità artistica.
Questa ultima possibilità dovrebbe essere il nostro dovere assoluto.

Nota

Le banali obiezioni dei detrattori di Junior Cally mi risultano irricevibili.

È una triste cosa puntare il dito sui creativi ( artisti ). Ho ben detto più sopra. Purtroppo so perfettamente che è impossibile capirsi con certi soggetti perché costoro non sono immersi nel mondo delle arti.

Faccio un esempio: anni fa un signore, che nel suo profilo social osannava il pacifismo e la non violenza, dopo una discussione con me, non trovandosi d’accordo, ha inteso telefonarmi per minacciarmi di sgozzamento.

In Corea del Nord la censura trasmette immagini floreali e bucoliche alle televisioni ma là ci sono i campi di concentramento in cui torturano i cristiani. Ceausescu organizzava fastosi raduni di bambini gioiosi con ragazze sorridenti e tanti fiori e cibo ma in realtà era un orco sanguinario.
I neomelodici sono espressione plastica di un mondo realmente pericoloso che infesta il meridione ma cantano d’amore.

Quindi ostentare pacifismo o “buoni propositi” non è garanzia di bellezza e mitezza.

È presto detto che, coloro che puntano il dito contro gli artisti dimostrano di non capire nulla dei processi creativi e del funzionamento dell’immaginazione, qui in particolare tra i ragazzini.

Cinema, animazioni, musica, arte in genere, sono affollatissimi di riferimenti alla violenza ed all’osceno. La violenza e l’osceno sono necessari nella rappresentazione artistica anche e non solo, come simbologia apotropaica. Non per nulla la cristianità usa una crocefissione come suo simbolo universale e mangia la carne e beve il sangue di Cristo tutte le domeniche.

Indignarsi per i brani di questo cantante è come dar prova di avere limitati e grezzi strumenti cognitivi e scarsa attitudine all’interpretazione ed all’elaborazione dei fenomeni socio-culturali.

Ciò forse deriva, in particolare, dalla sovraesposizione alla televisione, ai programmi di cronaca nera, ai talk show, per una parte di popolazione che è refrattaria alla curiosità al sapere alla riflessione critica.

La mente così ottusa, mutilata e plagiata, si piomba nell’emarginazione nell’anomia nell’incomprensione nella paranoia, nella psicosi. Predisponendosi inconsapevolmente ( consapevolmente per i manipolatori che sfruttano queste situazioni ) al reale e concreto esercizio della violenza.

 

orazione funebre per eros

Orazione funebre per Eros

Venezia, 15 febbraio 2015

Tocco ancora questi reperti della civiltà più che serena.
Ella, che nutriva generosa l’Arte Sua, d’innumeri Efesti.
Ella, Vagina odorante per lignei bastimenti, gremita di genii e reali prostitute.
Ella, sincretismo d’anime sante e perdute.
Ella, di pali conci e remenati, salubre ad Eros.
Culla! Talamo! Ricovero! Giovamento!
Ella, dominante il divino equilibrio tra il principe della solitudine e Thanatos, oltre il Franco Nano, il tramonto dell’ultimo sole repubblicano, i languori ottocenteschi, gli amabili deliri futuristi, il secolo crudele.
Ella, oggi, non può più…

Ella rimane reperto, testimonio afono, intraducibile, indefinibile.
Sola, nell’inutile, generico non silenzio, di precoci masse inconsapevoli, informate, ottuse.
Perisce, nel suo grembo, Eros:
sconcio alla globale stupidità;
lacero al maniaco svelamento;
tristo al compulsivo, febbricitante, logorio delle repliche;
vano al pubblico gratuitamente plaudente e ridanciano;
largo all’ignobile democraticità.

Eros giace senz’armi né croci.
Straziato da immensi, rigidi, frigoriferi galleggianti,
da cui non giunge voce ma pallidi lampeggianti.
Trascinato da marine correnti e invadenti, che inducono ossigeno al suo vital torpore, bruciando ogni cellula ch’era grata alla nausea d’amplesso ed al dolor inguinale post priapesco.

Eros giace sfinito dal political corretto;
affetto da una prostatite corrotta e clientelare;
sfigurato da cretinissime spacconate, d’ideologiche disavventure;
annichilito nell’invidia iconoclasta del mediocre erede, rincoglionito impotente defunto.

Eros:
inafferrabile eiaculatoria liberazione;
apotropaico sputo in faccia all’oblio;
semplice ed astratto;

Eros soccombe al disumano sforzo di vincere l’inevitabile esistenza, opponendo alla quotidianità spregevole e possibile l’eroicità nobile e impossibile.

suggerimenti circa il tango 1

suggerimenti circa il tango #1

9 agosto 2014:

suggerisco a tutti coloro che mettono musica alle milonghe delle approfondite incursioni nella musica leggera internazionale, jazz, rock, soul, fado, eccetera.

Non tralasciate nemmeno la musica classica!

Dovete essere degli intrattenitori e non dei sacerdoti talebani della musica argentina degli anni 30 del secolo scorso. Balliamo per divertirci e per trovare i passi del tango in ogni musica di ogni luogo del mondo!

Il lavoro è di chi mette la musica, devono cercare e selezionare brani di musica adatti ai passi del tango.

Questo messaggio diffuso su facebook ha causato delle reazioni pesantissime. Una signora ha iniziato a tempestarmi di messaggi personali accusandomi di essere arrogante presuntuoso e di voler attaccare una non ben definita persona in particolare.

Io questa signora non la conosco e non conosco nemmeno chi lei dice che voglio attaccare… anche perché non lo nomina mai… agghiacciante!!!

Altri hanno intrapreso una discussione e, quando si son visti messi in difficoltà hanno fotografato il post e lo hanno pubblicato in un gruppo chiuso e segreto nel quale hanno iniziato a commentarlo alle mie spalle senza che potessi difendermi…

Altri hanno intrapreso il confronto e la discussione è stata a tratti anche piacevole.

immensa cultura tango

l’immensa cultura del tango

In un contesto di tipo culturale non defunto ma in evoluzione;
in un ambiente che ambisce ad essere portatore di valori e contenuti di tipo “creativo”;
se è dato essere creatori di un qualche cosa;
non è possibile escludere il dibattito;
e quindi anche le polemiche che il dibattito stesso può e, in un certo senso, deve suscitare;
altrimenti vige il conformismo il consensualismo il dogmatismo;
aspetti questi della sociologia umana, acerrimi nemici della ricchezza culturale, della giustizia, dell’eguaglianza, del rinnovamento del pensiero.

illusione del sentire

illusione del sentire

Io sento nel tango qualcosa di profondamente doloroso ma, nello stesso tempo, glorioso avvincente esaltante.

È come essere quindicenne ed innamorarsi.

È come essere Dio e creare. La musica è fondamentale nel disegnare questa illusione, la musica deve parlare una lingua amica, non complice ma contendente.

La musica deve trarci in inganno e corromperci, portarci lungo una perdizione mistica, forse simile ad un’estasi chimica.

E con essa farci attraversare molte condizioni emotive…
Prima del termine del brano.

È per questo che non possiamo più tollerare alcuna indicazione accademica e tantomeno identitaria.

Abbiamo il dovere di vivere questa esperienza a livello universale.

Abbiamo il dovere di ricordare le sue origini e di onorarle ma, per farlo, abbiamo il dovere di volgere lo sguardo e il corpo verso il domani.