non ho l'età

Non ho l’età

Una volta i vecchi non avevano cognizione del mondo dei giovani. Questo era un’anticipazione di quello dei vecchi. Si cresceva in fretta per essere presto braccia per l’industria o per la larga famiglia legata alla terra.

Nell’antichità la gioventù era solo un’età insulsa non esisteva alcuna idea psicanalitica o psicosociale che la inquadrasse.

La gioventù è un’invenzione della modernità, tecnologica, consumistica basata sulla geniale idea del rassicurante “tempo libero”, locus amoenus grazie al quale ognuno s’illude d’esser nato per qualcosa in più del solo scopo “produttivo” o di sopravvivenza o dell’imperscrutabile volontà divina.

Viviamo in un mondo in cui la gioventù esiste e svolge un grande ruolo, anche perché essa ha rotto gli argini della pubertà per dilagare fino alle soglie dell’età di mezzo.

I massmedia personalizzati ci consentono di vedere il mondo dei giovani; molti però dimenticano che hanno superato i 40 anni e non sono più in grado di comprendere empaticamente quel virulento e traumatico mondo.

Viviamo in un eterno presente di notizie o fatti riportati o informati o dicerie trafficate negli smartphone e nelle televisioni. Dalla nostra piccola finestra tendiamo sempre a giudicare il prossimo e ciò è male.

Fatti recenti circa il mondo giovanile sono legati a due artisti trap: Sfera Ebbasta e Junior Cally.

Le cronache s’interessarono a Sfera Ebbasta per lo scandalo della disgrazia in discoteca ma nulla è attribuibile all’artista, bensì ai pazzi criminali che hanno spruzzato il peperoncino e agli organizzatori, se non hanno adottato tutti i dispositivi di sicurezza per prevenire incidenti.

sfera ebbasta

Fu però da quei fatti dell’8 dicembre 2018 che nacque, grazie ai gazzettieri, una trita polemica sui testi e lo stile di questo cantante. Una polemica che non condivido affatto.

In questi giorni invece ci s’infuria contro il cantante Junior Cally, ricalcando sommariamente la trama della medesima precedente.

L’argomento del contendere è sempre basato sui testi delle canzoni dei due artisti. I testi infatti sono provocatori con termini volgari, descrivono atti di violenza e bullismo, usano un linguaggio gergale ( detto slang ). A questi testi s’associano movenze che mimano atteggiamenti di sfida, d’arroganza, di spavalderia. Alle movenze s’associano look e “decorazioni” del corpo con articoli superflui che si trovano in commercio a cifre notevoli.

junior cally

La ricetta riscuote successo tra molti ragazzini che seguono questi artisti, comprano i loro brani ( o li scaricano ), comprano o desiderano il loro look, i loro accessori, ne imitano le movenze e fanno proprio lo slang.

Sicuri che ciò sia esatto, che sia tutto?

Questo genere di musica, estremamente elementare e monotòna, che è solo un pretesto per dare spazio alla voce ed alle parole, nasce nelle strade. È il frutto dell’elaborazione del mondo giovanile, è espressione della volontà e dell’immaginazione di una buona parte del mondo dei giovani. E con buona intendo proprio nel senso di valida e meritevole.

Si tratta di un fenomeno artistico non indifferente che ha radici lontane, fino ai tempi dello schiavismo. Esso ha come spinta propulsiva un certo malessere, che affascina chi vive il disagio dell’adolescenza, come è ovvio che sia. La musica ed il ritmo del resto sono la prima esperienza artistica di ogni uomo.

La pura e semplice, banale, imitazione, nasce laddove questa forma d’espressione artistica giunge nuova ma viene subito compresa, come fosse già parte di un linguaggio precodificato, che emerge da fattori irrazionali e sensoriali che non sono ricevibili da chi non è più giovane. Magari lo sono da chi ha una sensibilità artistica come chi scrive qui.

Chiaro che persone come Red Ronnye, dalla cultura ristretta nei limiti del “musichiere” o dei “settanta”, nostalgico e polveroso, non hanno più nulla da dire in merito. Servirebbero infatti giovani in grado di parlarci della musica dei giovani.

Circa i contenuti?

Come ho scritto sopra l’artista semplicemente porta alla luce quello che si verifica in buona parte della “tenera” gioventù. Il mondo giovanile oggi, nelle sue ombre più che nelle sue luci, è così. Del resto i giovani vivono al nostro fianco e vivono, sotto una diversa prospettiva, la nostra realtà.

No alla violenza? No alla volgarità?

Di cosa stiamo parlando?
Viviamo immersi in un mondo mediatico che ci bombarda in continuazione di falsità di reclame di retorica moralistica; sempre gente che litiga e si contende potere e attenzioni.

L’arte è lo specchio emotivo ed induttivo della nostra esperienza sensibile quindi non può estraniarsi da essa, pena divenire una ridicola accondiscendente accozzaglia di buoni sentimenti, di melensa retorica, di moralismi e ciarpame sentimentaloide; massa di patacche fasulle e paracule, degne del favore di certa critica scoreggiona. 

Ma i bambini? Qualcuno ha pensato ai bambini?

Da quando esistono i giochi esiste la violenza nei giochi e fin dall’infanzia i bambini hanno esperienza della violenza e della morte. Pensare d’esentare da questa realtà i bambini è un’idiozia.

Modelli negativi!! Si fa passare un messaggio fuorviante!

Qui non si parla affatto di modelli negativi e tanto meno di far passare un messaggio fuorviante.
Purtroppo chi afferma ciò non ha gli strumenti per capire ed è vittima d’una reazione emotiva e superficiale.
L’artista e il suo prodotto sono invitati a San Remo perché hanno già dimostrato d’avere largo seguito tra un particolare pubblico che è quello dei giovani e dei giovanissimi.

Non è l’artista che travia i ragazzini, egli è solamente un interprete dei tempi che corrono e lo è con tutta la sua immaginazione che lo fa distinguere da qualsiasi fenomeno banale.

Oggi più che mai non è assolutamente possibile realizzare uno spettacolo popolare imponendo una morale o un cliché di perbenismo di Stato, come fu ai tempi di Gigliola che cinguettava il suo mantra di ragazza illibata, succube e complice ( invasata o plagiata ) di un sistema che opprimeva la libertà e negava l’emacipazione.

La retorica sulla non-violenza può andar bene per qualche comizietto politico ma quando si tratta dell’arte finalmente non valgono queste regole.

I rischi?

Nulla di tutto ciò è esente da rischi. Le folle hanno esclusiva attitudine conformista e raramente riescono a produrre ragionamenti razionali od equi.

Ogni fenomeno creativo del singolo ( non ne esistono di massa ) che venga condiviso in un gruppo o in una comunità ( folla ) può avere due differenti esiti:
1) corre il rischio di divenire conformismo quando esso viene assunto come chiave per l’accesso al gruppo od alla comunità. Il conformismo infatti è un processo di semplificazione utile alla sopravvivenza dei gruppi;
2) se questo fenomeno si diffonde globalmente ha la possibilità d’essere rielaborato e quindi di avere una continuità artistica.
Questa ultima possibilità dovrebbe essere il nostro dovere assoluto.

Nota

Le banali obiezioni dei detrattori di Junior Cally mi risultano irricevibili.

È una triste cosa puntare il dito sui creativi ( artisti ). Ho ben detto più sopra. Purtroppo so perfettamente che è impossibile capirsi con certi soggetti perché costoro non sono immersi nel mondo delle arti.

Faccio un esempio: anni fa un signore, che nel suo profilo social osannava il pacifismo e la non violenza, dopo una discussione con me, non trovandosi d’accordo, ha inteso telefonarmi per minacciarmi di sgozzamento.

In Corea del Nord la censura trasmette immagini floreali e bucoliche alle televisioni ma là ci sono i campi di concentramento in cui torturano i cristiani. Ceausescu organizzava fastosi raduni di bambini gioiosi con ragazze sorridenti e tanti fiori e cibo ma in realtà era un orco sanguinario.
I neomelodici sono espressione plastica di un mondo realmente pericoloso che infesta il meridione ma cantano d’amore.

Quindi ostentare pacifismo o “buoni propositi” non è garanzia di bellezza e mitezza.

È presto detto che, coloro che puntano il dito contro gli artisti dimostrano di non capire nulla dei processi creativi e del funzionamento dell’immaginazione, qui in particolare tra i ragazzini.

Cinema, animazioni, musica, arte in genere, sono affollatissimi di riferimenti alla violenza ed all’osceno. La violenza e l’osceno sono necessari nella rappresentazione artistica anche e non solo, come simbologia apotropaica. Non per nulla la cristianità usa una crocefissione come suo simbolo universale e mangia la carne e beve il sangue di Cristo tutte le domeniche.

Indignarsi per i brani di questo cantante è come dar prova di avere limitati e grezzi strumenti cognitivi e scarsa attitudine all’interpretazione ed all’elaborazione dei fenomeni socio-culturali.

Ciò forse deriva, in particolare, dalla sovraesposizione alla televisione, ai programmi di cronaca nera, ai talk show, per una parte di popolazione che è refrattaria alla curiosità al sapere alla riflessione critica.

La mente così ottusa, mutilata e plagiata, si piomba nell’emarginazione nell’anomia nell’incomprensione nella paranoia, nella psicosi. Predisponendosi inconsapevolmente ( consapevolmente per i manipolatori che sfruttano queste situazioni ) al reale e concreto esercizio della violenza.

 

snuff life

SNUFF LIFE

Chiunque abbia grattato la sottile vernice social che copre il web da circa 10 anni, saprà cosa intendo per “Snuff Movie”. Per gli altri si tratta di brevi filmati che contengono scene di raccapricciante violenza, alle volte si tratta di effetti speciali, alle volte ( più spesso ) si tratta di video reali, tratti dalle cronache quotidiane o addirittura realizzati in studi televisivi in cui delle persone subiscono terribili torture ( reali ) fino alla morte.

Famoso il film del 1997 “The Brave” regia di Johnny Depp, con Johnny Depp e Marlon Brando.

snuff life

L’opera narra di un uomo, che vive in condizioni di disperata miseria insieme alla moglie ed ai figli, che “vende” il proprio corpo per uno Snuff Movie, in cambio di una grossa cifra di denaro che consentirà alla moglie ed ai figli d’uscire dall’incubo della povertà assoluta.

Chiunque abbia grattato la sottile vernice social che copre il web da circa 10 anni, saprà cosa intendo per “Gore Movie” o per “Gore Shock Movie”.

snuff life

Per tutti gli altri si tratta di brevi filmati di contenuto raccapricciante, presi sul luogo di gravi incidenti stradali, sul lavoro, in scenari di guerra o rivolta. Spesso sono dashcamera ( telecamere installate su veicoli per motivi assicurativi ) o casuali riprese da smartphone. Questi filmati testimoniano fatti reali mentre accadono, fatti di sangue, morti orribili, mutilazioni, schiacciamenti, traumi, oppure fatti di guerra, come le famose decapitazioni messicane, gli sgozzamenti musulmani…

Iniziazioni

Ebbene, quell’oscuro mondo fa parte del nostro patrimonio ancestrale, della nostra antropologia sociale. In quasi tutti gli aspetti della nostra esistenza in comunità si manifestano esperienze simili. Si chiamano riti inziatici o riti apotropaici. Dai vari innumerevoli rituali religiosi a quelli civili, come ad esempio i cicli di studio. Rammentando anche i vari rituali ancora in uso nelle culture tribali: salti da alberi rupi cascate, mutilazioni, lotte, prove di resistenza al dolore ( le famose formiche proiettile ), veleni.

snuff life

L’uomo per sua naturale disposizione ricerca il confronto con l’ignoto e con ciò che teme. Lo fa per sconfiggere le sue paure o per dominarle, o per ricercare all’interno della comunità chi sia più capace di sopportare le prove dure della vita. Altri lo fanno per puro sadismo o masochismo o per voyeurismo.

snuff life

Vogliamo quindi frettolosamente definire idioti dei ragazzini che attraversano le strade trafficate senza rispettare i semafori, riprendendo la loro “bravata” con lo smartphone?

snuff life

Vogliamo quindi assumere quell’ottusa veste dell’ipocrita moralista, magari di mezz’età, passata già polverosamente giudicando il prossimo dall’alto di un posto sicuro in qualche mass-media?

snuff life

Il fascino del rischio, dell’invincibilità avanti alla morte, al dolore, l’impulso incontrollabile dell’adolescenza che è una sfida aperta ad ogni cosa, sono aspetti tipici e del tutto naturali e forse anche frutto di particolari sensibilità più che di pura idiozia.

Lanciarsi in mezzo alla carreggiata ad alta frequenza di traffico, col rosso ai pedoni, sotto la pioggia, alle 3 del mattino, con in mano una telecamera che riprende e magari gli amici dall’altra parte della strada che osservano, è un atto folle ma istituito in un contesto sociale compatibile con le più antiche tradizioni umane.

Il giovane, già dotato di mezzi di sostentamento ( nel passato poteva essere la lancia la spada il coltello la fionda, oggi è la fiammante e potente auto nuova ) che sfida le tenebre la velocità il maltempo assumendo sostanze psicotrope, è un atto irresponsabile ma istituito in un contesto sociale compatibilie con le più antiche tradizioni umane.

Piccole iniziazioni, piccoli uomini

Questi oggi, nei paesi avanzati, sono alcuni dei più comuni riti di passaggio, oramai riti faidate. Forse anche meno cruenti rispetto al passato.
Le grandi prove infatti vengono sempre meno, le difficoltà si mitigano sempre più. Il dolore è esecrato come cosa sconveniente, il fallimento rubricato come cosa ripugnante da nascondere o dissimulare, come anche ogni malattia…

La società pare proprio infischiarsene delle iniziazioni, semplicemente perché i suoi singoli componenti non lo desiderano, perché costoro desiderano invece concedere ai loro pupilli “più e meglio di ciò che sia concesso agli altri”. Soprattutto più e subito anche se con assenza di merito.

Si, perché penso che questi fatti siano l’esito della mancanza di una reale competizione sociale. La società si sta sempre più chiudendo, le classi sociali sono sempre meno permeabili.

Ecco allora la differenza!
Pur restando quei sacrosanti istinti primordiali dell’iniziazione, non è più presente la motivazione, lo scopo, il riconoscimento sociale di quegli istinti. Essi quindi avvengono comunque e ai nostri occhi ed ai nostri sensi ingannati ed ottenebrati, hanno l’aspetto banale della bravata.

Conclusioni

Il realismo dei crudi fatti è sublimato nella visione di prodotti clandestinamente spacciati nel web, essi poi sono emulati in altre forme e per scopi ludici d’appartenenza a sottogruppi volatili ed identitari che non hanno alcuna profonda base di valori. Gruppi destrutturati ed in balia di regole psicotiche di “visibilità massmediatica”.

Il linguaggio si fa elementare, basico e ripetitivo, perché tutto è già svelato. Il futuro non ha alcuna promessa od insidia, il futuro è la certezza, è la naturale necessaria e sufficiente appartenenza al mondo che si è imparato a vivere fin dall’infanzia. Chi è fuori da questi ambiti è oscuro e minaccioso, va emarginato.

Chi non tollera l’emarginazione, che di per sé non avrebbe conseguenze se non la perdita di alcuni “amici” ( interessante questo aspetto circa il dolore), placa la dissonanza cognitiva ed affronta la prova ( bravata ): beve, fa uso di cocaina, si butta sulla strada, lancia sassi dal cavalcavia, aggredisce il professore, stupra, eccetera.

Quindi è ovvio che in una società cinica chiusa bigotta e falsa, chi assume comportamenti che richiamano alla nostra più genuina natura sia considerato un idiota e, come tale, subisca la pubblica rampogna di gretto moralismo.

Il reo della bravata, così facendo, compie un’eresia, nega il fatto che oggi, ormai, la competizione, la sofferenza, il dolore, affrontati per uno scopo di realizzazione personale e sociale, siano inutili, la grande prova che apre l’universo delle possibilità è definitivamente defunta.

I coraggiosi senza un futuro, disperati, scomodi, anonimi, senz’alcuna appartenenza, potranno sempre vendersi per un filmato snuff che sul web otterrà graditissima audience.

fai contro palais lumiere

il FAI si scaglia contro Palais Lumiere

Qui sotto potete visionare la lettera che il FAI ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere la censura del Palais Lumière.

intellettuali contro palais lumiere

Si parla di minaccia all’integrità ambientale, al paesaggio, alla natura ed alla storia di Venezia.

Trovo sostanzialmente manipolatorie le affermazioni citate; e non rispondente alla veridicità dei fatti quanto sommariamente esposto all’attezione del Presidente.

Credo che ciò abbia uno scopo: procurare una reazione immediata e irrazionale di repulsa nei confronti del progetto di Cardin.

Analizziamo insieme questa lettera:
parto dall’affermazione che vuole Palais Lumière “costruito a margine delle acque lagunari prospicienti il centro storico veneziano”.
Un’affermazione del tutto infondata.

  • Venezia è quella costruita nella laguna e quindi non è il “centro storico” ma la città fatta e compiuta. Quindi è improprio delimitare un “centro storico”. La città è nella Laguna ed è costituita da centinaia di isole PUNTO E BASTA.
  • Il punto esatto nel quale sarà costruito Palais Lumière è ad oltre 8 chilometri dal confine nord della Città di Venezia, quello più vicino alla gronda lagunare che delimita la terraferma dalle acque. Quindi il termine “prospicienti” è inteso solamente per amplificare una questione assolutamente irrilevante in quanto ad esempio l’Aeroporto di Tessera è a meno di tre chilometri dall’Isola di Murano che è parte integrante della Città di Venezia. Inoltre, tra la sede del Palais Lumière e le prime costruzioni originali della Città di Venezia è già stata collocata la Stazione Ferroviaria, struttura completamente rifatta in epoca moderna. In tal senso la presenza di Palais Lumière non interferisce con alcuna delle costruzioni più antiche della Città di Venezia; non più di tante altre già presenti nel tessuto urbano più limitrofo.

palais lumiere vista marghera da venezia

  • La collocazione del Palais Lumière coincide con insediamenti industriali abbandonati ma anche con insediamenti di strutture moderne attualmente operanti le quali non hanno alcunché in comune con la Città di Venezia e tantomeno sono state costruite secondo presunti principi di compatibilità ambientale con quella Città. Mi riferisco al “Vega” ed alle strutture viarie che incombono sulla gronda lagunare. Se vogliamo la costruzione di Palais Lumière si distinguerà proprio per la volontà di riqualificare urbanisticamente quella zona.
  • Chi respinge l’idea di Palais Lumière dovrebbe anche opporsi al Ponte della Libertà, a Piazzale Roma, ai parcheggi multipiano ivi esistenti, alle strutture portuali per merci e passeggeri, all’edilizia dell’Isola del Tronchetto, al Ponte di Calatrava ed all’intera Stazione Ferroviaria di Santa Lucia.

Quindi si parla di integrità ambientale.
Assurdo, supporre che Palais Lumière metta a rischio l’integrità ambientale di un luogo che è stato martoriato per decenni da un’attività industriale senza scrupoli che ha inquinato gravemente il suolo e degradato violentemente la vita degli abitanti.
Assurdo pensare che una struttura che si realizza per la residenzialità possa essere peggiore di costruzioni adibite alla speculazione industriale.

Si parla di paesaggio!!
L’esistente è un luogo squallido e avvilito da fanghi tossici, sostanze velenose, piante che non attecchiscono e muoiono in pochi mesi, acque torbide e oleose, resti corrosi di strutture edilizie fatiscenti che un tempo erano depositi di concimi chimici e derivati del petrolio.

Si parla di natura!!
In un contesto completamente dimenticato dai “pensatori alti” che abitano palazzi signorili e si dimenticano delle condizioni terribili alle quali il popolo ha dovuto vivere e lavorare a Marghera.
Oggi costoro si accorgono e parlano di natura!!
Oggi! Quando qualcuno intende dare valore a quei luoghi di fatica di rischi di malattie di morte.

Si parla di storia!!
Ma di quale storia?
Quella di Venezia?
Cosa centra con Marghera?
La storia passata di Marghera era il bosco, la palude, il luogo di caccia dei veneziani della Serenissima. Quella storia è cancellata e distrutta, irrecuperabilmente affondata nell’oblio.
L’unica storia di quei luoghi è il Forte Marghera che giace abbandonato coperto di arbusti. Quel Forte magari, con la costruzione del Palais Lumiére, potrebbe riacquistare un senso ed essere recuperato alla fruibilità pubblica.

Mi chiedo infine come possano, persone che godono di tale reputazione e prestigio, ergersi con tale supponenza contro Palais Lumière, senza aver approfondito minimamente le questioni reali che incidono su quei luoghi, quell’ambiente, quel paesaggio, quella storia e quel patrimonio; così come credo di aver modestamente contribuito con questo mio scritto.

eremita confuta settis

il dr. Eremita confuta il sermone del prof. Settis

Giovedì 29 Novembre 2012 alle ore 20.00 presso l’Aula Magna dell’Ateneo Veneto, con la collaborazione del Centro Tedesco di Studi Veneziani, si tiene un incontro pubblico del prof. Salvatore Settis avente titolo “Se Venezia muore.”; nell’ambito di un convegno organizzato in occasione del centenario dell’opera di Thomas Mann “La Morte a Venezia”.

eremita vs settis ateneo veneto venezia

Per mera curiosità personale mi reco all’incontro. L’aula è completamente piena di gente. Proprio nel momento in cui il prof. Salvatore Settis è in procinto di prendere la parola scattano le sirene che avvisano dell’imminenza di un’alluvione. Il pubblico accoglie subito con brontolii e disapprovazione l’intimidatorio segnale sonoro. Settis prende quindi la parola e fa una battuta proprio sulla questione delle alluvioni per inquadrarle in un contesto di decadenza ed abbandono della città; ma poco dopo, con la medesima asprezza, egli si scaglierà contro le opere del M.O.S.E..

Il professore, quindi, inizia a leggere un suo manoscritto. Comprendo subito che si tratta di un sermone.
Un sermone all’antica basato sulla forma retorica dell’invettiva. Un sermone di quelli dei vecchi che sempre l’hanno a morte con i giovani ai quali vorrebbero negare ogni diritto, negare ogni possibilità, anche quella di sbagliare.

Cosa dice allora il prof. Settis?
Tante cose condivisibili. L’Italia è troppo cementificata: vero. Si costruiscono metropoli sempre più grandi e verticali: vero. Questi enormi complessi urbani non sono a misura d’uomo: vero. Si consumano sempre più risorse e s’inquina l’ambiente: vero.

Quindi egli entra più nello specifico e parla di Venezia.
Attacca la questione delle Grandi Navi reprimendo l’ignobile usanza di farle “inchinare” davanti a Piazza San Marco, luogo sacro ai Veneziani e alla storia.
Attacca il M.O.S.E., giudicandolo un’opera inutile e foriera di enormi spese pubbliche e dello stravolgimento della Laguna di Venezia.
Attacca il Ponte di Calatrava e quell’alberghetto insulso che si ergerà presto al suo fianco.
Attacca le scale mobili arancioni dell’Archistar di turno che metterà le mani sul Fondaco dei Tedeschi.
Attacca quella spaventosa idea della Sublagunare.
Attacca Veneto City.
Infine attacca Palais Lumière.

eremita confuta settis ateneo veneto venezia

Molte cose sono condivisibili ma; c’è un ma, signori. Pare infatti che tutta la manfrina sia innescata per il semplice scopo d’impedire la costruzione di Palais Lumière. Pare infatti che tutte le altre “opere” siano ormai decadute in una realtà fatalista alla quale nulla può essere opposto. Pare infine che tutto il male si concentri attorno al Palazzo di Cardin.
E perché?
Forse perché Cardin non è dotato della protezione politica dei Benetton o dei Coin o dei De Marchi o dei Mossetto?

Il prof. Settis si rivolge alla pancia della gente; evita ragionamenti troppo complicati e si fa forza con la storia e con immagini apparentemente antitetiche, per esacerbare gli animi del pubblico meno preparato e più disposto ad un’irrazionale indignazione. Esaminiamo meglio le sue tesi.

Prima tesi: egli, prima si scaglia contro la nostra civiltà moderna che costruisce metropoli sempre più grandi e disumane poi egli idealizza e cristallizza un passato in cui ogni cosa era a misura d’uomo, un passato idilliaco nel quale l’uomo era in armonia con la natura…
Credo che questa lettura sia antistorica. Ritengo infatti che l’umanità non sia assolutamente cambiata dai tempi della Serenissima ad oggi. I cambiamenti sono stati altri. Sono cambiate le risorse energetiche e i mezzi tecnologici. Settis porta ad esempio un confronto di una città Cinese con Venezia per voler dimostrare che la città orientale è un pessimo esempio di civiltà fondata sulla sopraffazione e l’alienazione delle masse, mentre Venezia è un esempio positivo di città a misura d’uomo. Le cose semplicemente non stanno così.

eremita confuta settis venezia e shangai

La differenza tra Venezia e una metropoli moderna è solamente nelle fonti energetiche e nella tecnologia. Qui riporto la città di Shangai e di seguito la città di Venezia. Ebbene, ai tempi della Serenissima esisteva la trazione animale, quella a braccia e a vento. Il legno e il carbone erano i combustibili a disposizione.

Gli elementi costruttivi erano il legno, la calce, i mattoni, la pietra, un poco di ferro e il piombo. Tutto era sorretto dalle braccia umane. Venezia, per l’epoca, era la Shangai di oggi: una metropoli popolatissima con tutti i problemi che questo comporta. Gli scarichi erano incontrollati. Reflui maleodoranti scorrevano nelle calli e nei canali. Accattoni, malati e infermi di mente popolavano la pubblica via; quotidiane erano le manifestazioni di violenza e malversazione. Ovunque pullulava la prostituzione e girare per le calli di notte significava rischiare la vita. Poca o nessuna era l’assistenza sanitaria, per i limiti insuperabili della scienza medica del tempo.

Inoltre, per costruire Venezia furono usati un’innumerevole quantità di alberi che furono sottratti ai boschi Veneti e Slavi; mentre milioni di tonnellate di pietra d’istria giunsero dalle coste Croate.

Settis vive da Professore e non comprende il senso reale della storia ma solamente quella asettica e purificata delle storiografie agiografiche che cedono alla seducente idea di ignorare le sofferenze quotidiane dei popoli per concentrarsi sui cosidetti “grandi fatti”.

Ebbene Shangai oggi offre all’uomo la medesima prospettiva che offriva Venezia, solamente in scala esponenziale; ma in proporzione alle risorse energetiche e tecnologiche in gioco. Certo, essa schiaccia l’uomo ben più di quello che fece Venezia; ma la città lagunare, con la sua magnificenza aveva allora il medesimo scopo che oggi hanno i grattacieli: dopo la praticità e l’efficienza; intimidire e mettere in soggezione il visitatore; rappresentare la forza ed il potere della classe dirigente, inorgoglire il popolo e tenerlo stretto sotto l’ala protettrice della classe dominante.

Shangai è costruita con risorse più efficienti: il petrolio, l’elettricità, con le tecnologie moderne dell’acciaio del cemento del lavoro industrializzato e seriale. Venezia è un frattale di Shangai o di qualsiasi altra metropoli del nostro tempo. Le visioni di Settis sono sensibili ad un’immaginazione new age ma hanno poco a che fare con la realtà.

Tant’è che il nostro Professore si avventura anche nella citazione dei Futuristi, strumentalizzando le loro provocazioni a favore della sua tesi.
Egli infatti cita gli artisti del progresso come fossero stati uomini d’affari o speculatori pronti ad asfaltare il Canal Grande e a costruire ponti di ferro su Venezia… Ridicolo!!

I Futuristi lanciavano le loro provocazioni per smuovere l’ambiente dell’arte e della cultura accademica italiana, incartapecorito e ancora legato all’estetica neoclassica. Non fa certo cultura chi strumentalizza addirittura l’arte in questo modo!

Seconda tesi: Salvatore Settis fa appello alla legalità ed alla residenzialità di Venezia.

A chi sono rivolti questi messaggi?

È incomprensibile… posso solamente pensare che siano lo sfogo di un vecchio veneziano. Sono tematiche ormai quotidiane nella città di Venezia che vengono appiccicate quà e là nelle esternazioni pubbliche sempre col medesimo scopo: avere il consenso della folla e dire alla folla quello che essa vuole ascoltare.

Nulla, nelle parole del Professore, ha il benché minimo riferimento ad una soluzione ad una proposta positiva ad una visione che vada oltre l’orizzonte astioso di un anziano.

Come si pone il Professore sulla questione che tutte le “opere” che egli critica con severità, richiamando grandi principi e grandi concetti astratti, sono state realizzate da una Giunta retta da un altro Professore, il Cacciari, con il quale magari il nostro intrattiene ottime disquisizioni nei salotti locali?

Siamo difronte a persone che contraddicono sé medesime?

Terza Tesi: ecco infine il fulcro di tutto questo lungo sermone, Palais Lumière.

eremita confuta settis palais lumiere

Interessante come tutto il grande giro di parole e di concetti, tanto alti quanto poco concreti e per nulla basati su un’analisi reale del territorio e sulle sue potenzialità economiche e di sviluppo, si voglia infine far convogliare in un attacco focalizzato sul Palais Lumière. C’è da pensare che solamente quest’ultimo sia in effetti lo scopo di questo monito: “Se Venezia muore.”

Infatti è proprio così. Passan due giorni dalla sera dell’incontro pubblico ed ecco una plateale raccolta di firme di presunti uomini di cultura, di quella che un tempo si definiva “intelligenjia”, per l’oscuramento e la censura del progetto lanciato da Pierre Cardin.

E prima??
Dove erano questi furibondi acculturati quando si vendeva il Fontego dei Tedeschi; Cà Vendramin; Cà Corner della Regina?
Eran forse seduti nei salotti buoni a discorrer di cultura?

Se vogliamo far cultura, se vogliamo rivolgerci alla cittadinanza avendone rispetto; non possiamo presentarci con l’autoreferenzialità boriosa del Professore; ma con l’empatia e l’umiltà che son l’unica vera essenza dell’uomo colto. Presentarci esponendo alla cittadinanza quale sia la realtà dei fatti che accadono ogni giorno.

Epilogo. Ebbene si sappia che la famiglia Coin acquista immobili del Comune di Venezia a prezzi oggettivamente contenuti ottenendo anche uno sconto di dieci milioni di euro su quello che sarebbe dovuto al Comune in standard pubblici.

Si sappia che i Benetton si portano via il Fontego dei Tedeschi per una cifra esigua e ci fanno dentro un centro commerciale, ottenendo anche loro simili sconti milionari sugli standard pubblici.

Si sappia che al Lido sono in atto speculazioni per la costruzione di una darsena da oltre mille posti per navi di cento metri, dopo le decine di milioni gettati in un buco pieno d’amianto.

Si sappia che il PAT pianifica l’edificazione del Quadrante di Tessera su una zona umida soggetta ad alluvioni ed anch’esso travalica quanto sarebbe sensato in termini di cubature, oltre che essere di fatto un colabrodo che consente tutto ed il contrario di tutto.

In un contesto urbano che da anni soggiace a dinamiche del genere.

In una realtà quotidiana che nulla concede al singolo privato cittadino, che nemmeno può aprire un lucernario e tutto concede al grosso investitore che è pronto a sventrare palazzi storici.

In un contesto tale, ci ritroviamo difronte a un gruppo d’intellettuali, che si scagliano contro quest’opera…
Perché?

eremita confuta settis palais lumiere

Cardin finanzia la costruzione del Palais Lumière con 500 milioni di euro. La Torre sorgerà a Marghera, per chi lo sapesse si tratta di una zona post-industriale fortemente contaminata ed economicamente depressa. È una zona sulla quale le Giunte Comunali di Venezia avrebbero dovuto investire per sviluppare il contesto urbano valorizzandolo; ma non lo fecero.

Le Giunte Cacciari, Costa e poi ancora Cacciari e quindi Orsoni hanno abdicato alle loro funzioni in quel territorio del Comune di Mestre, abbandonando la popolazione a sé stessa.

L’intervento di Cardin si pone non in contrasto ma in supporto alle mancanze ed alle deficienze di quelle Giunte.

Forse è per questo che il Palais Lumière è tanto temuto?

Forse perché esso mette alla berlina gli interessi speculativi di queste Giunte che hanno preferito il Quadrante di Tessera alla rinascita ed allo sviluppo di Marghera?

Questa coraggiosa scelta di Cardin, questa eredità che un grande imprenditore partito dal nulla vuol lasciare a Venezia, va accolta con entusiasmo!

Sarà il punto di partenza per un’opportunità di rinascita della città anche dalla via di terra e per la rivalutazione della gronda lagunare devastata da mezzo secolo di speculazione industriale.

Personalmente non accetto il modo di esprimersi che piace ai veneziani che amano indignarsi per sport e per invidia, lontano un milione di km dalle visioni degli antichi Dogi della Serenissima che son stati grandi costruttori e pianificatori.

Fermiamoci ad analizzare i fatti ed a calcolare bene costi e benefici delle nostre imprese, prima di scagliarci come pazzi contro le questioni senza arrivare ad alcuna soluzione e quindi a dover subire le decisioni di altri limitandoci poi ad un penoso piagnucolio o ad un brontolio da vecchi universitari che non han mai fatto un lavoro manuale.

Settis si è scagliato contro il grande dono di Cardin con riottosa miopia e ristrettezza di vedute…
Altro che cultura.

Addirittura Settis ha lamentato che la Torre Cardin avrebbe rovinato lo sky-line di Venezia!!
Ma siamo seri!

Attualmente dalla Riva delle Zattere possiamo ammirare il deprimente scenario della zona industriale di Marghera con torri per esaurire i gas della raffinazione del petrolio, silos abbandonati e strutture metalliche per il trattamento del metano.

eremita confuta settis marghera

Questo sarebbe lo sky-line da proteggere?

Senza il Palais Lumière Marghera è spacciata; nessuno ci metterebbe le mani per decenni, tutto sarebbe spostato verso est alla volta dell’aeroporto e del Quadrante di Tessera. Marghera rimarrebbe un sobborgo povero e degradato, un futuro Bronx.

Palais Lumière sancisce una svolta e finalmente riporta l’attenzione dell’opinione pubblica e dell’elettorato verso Marghera che ha buon titolo per essere la città giardino adiacente a Venezia e sempre più legata al Serenissimo Giglio Lagunare.

Consideriamo anche che tale costruzione non toglie nulla al territorio essendo l’area già edificata e dedicata ad attività umane, anzi, essa sarà la spinta per una ampia bonifica e rivalutazione di tutta la zona.

Accogliamo il mecenate Pierre Cardin mettendo da parte afflizioni personali ed invidie; questo personaggio andrebbe accolto con gli onori di un Principe. W Venezia!! W San Marco!!

veneziano medio

il veneziano medio: il bagno in canale, nostalgie e rabbia

Come qualsiasi popolo che si rispetti, anche il veneziano è propenso a criticare il prossimo ma ad essere indulgente verso sé stesso. Ecco l’annosa questione del turismo di massa che pare abbia preso d’assedio Venezia.
I veneziani si sentono avviliti da certi comportamenti che considerano un insulto alla città; ma alcuni di essi erano la normalità, in un lontano passato in cui la miseria e la fame erano diffusi.

Tra questi comportamenti c’era l’usanza di farsi il bagno in canale. Forse per le famiglie povere era arduo raggiungere il mare; magari frequentato da un turismo elitario se non proprio di censo nobiliare, quindi, nelle afose calure estive non c’era rimedio migliore, almeno per i più giovani, di buttarsi nelle acque dei canali e lì imparare a nuotare rinfrescandosi.

veneziano medio ottocento

Oggi i veneziani stanno bene, anche grazie alla moltitudine di visitatori ed ospiti internazionali che spendono i loro soldi in città; non hanno più bisogno di rinfrescarsi in laguna. Molti di loro possiedono veloci motoscafi che guidano con perizia ma anche con incoscienza per meravigliare le giovani concittadine; il mare lo fanno all’estero in località esotiche.

Chi potrà più raccogliere l’eredità di quei pomeriggi passati a sguazzare nei canali, nelle “piscine” nei rii, insieme ai compagni di scorribande estive?

Solamente il turista più smaliziato e sempliciotto potrà farlo. Egli, con serena semplicità, sopraffatto dalla calura, dopo ore ed ore a camminare nell’incanto veneziano, vedendo quei flutti invitanti che richiamano la rilassatezza della spiaggia, non può resistere e si tuffa. Inconsapevole riprodurrà ciò che fu un uso antico ormai defunto; magari nascosto per lunga pezza come qualcosa di cui vergognarsi.

I tempi, però, incalzano ed ecco che sorge il micidiale socialnetwork; moderno frullatore delle coscienze collettive, che propina a tutti in diretta e in ogni singolo monitor portatile, notizie sfornate a ritmi che farebbero impallidire le catene di montaggio fordiste.

Qui succede tutto ed il contrario di tutto. Ecco i veneziani che si accorgono di essere nostalgici, che rispolverano vecchie fotografie degli anni che furono. Cadono in estasi davanti a quei colori stantii a quelle tonalità seppia che ritraggono gruppetti di persone dimesse e vestite molto alla buona mentre vivono la loro città nei momenti più banali.

veneziano medio oggidì

Ecco che vedono la vecchia foto dei bimbi che nuotano e giocano nelle acque torbide dei canali, allora ben più luride, causa gli scarichi fognarii privi d’ogni presidio. Le reazioni sono di grande affetto, nostalgia, passione amorosa della rimembranza di fantomatici “bei tempi andati” in cui tutto era più bello, più vero, più buono.

Ecco allora che vedono la foto scattata in digitale oggidì. Una fredda fotografia HD scattata in fretta; ed in fretta resa pubblica a milioni e milioni di spettatori che, senza alcuno sforzo se la scambiano se la ritrasmettono in mondovisione. Le reazioni scomposte non si fanno attendere. Insulti maledizioni e pernacchie vanno all’indirizzo degli accaldati signori che hanno osato detergere le membra nei canali veneziani. Si augura loro morte per la funesta “leptospirosi”, dimenticando che siamo in acque salmastre non ferme. Si augura loro una forma di colera, dimenticando che il sistema delle fosse settiche a Venezia è quasi al cento per cento e che il colera era endemico ai “bei tempi andati” delle foto seppia.

Si dimentica un poco tutto per lasciarsi andare alla furia del linciaggio virtuale. Per carità, è vero; Venezia merita rispetto; ma anche la storia lo merita. Leggere questi fatti come qualcosa che ritorna, che è umana, che è azione del vivere la città; in un modo diverso da un passato che ( per fortuna! ) non tornerà mai più ( si spera ).

infamie sudamericane

infamie sudamericane

Pubblico qui, il link a questo ABOMINEVOLE articoletto che infanga la memoria di Piazzola Pugliese Yupanqui e Borges.

Questo articoletto non tiene in alcun conto della storia moderna dell’Argentina, delle decine di golpe che si susseguirono, della politica familista di Peron.

Dal mediocre pezzo di basso giornalismo-gossip, pare che, prima del golpe, l’Argentina fosse un paradiso democratico e, dopo il golpe, fosse calata la notte.
Assurdo, antistorico, demenziale!

Gli artisti qui menzionati s’illusero che questo ennesimo golpe avrebbe portato ordine e la fine del terrorismo.
Sbagliarono a illudersi?

Se pensate di si, significa che rifiutate l’idea che possano esistere gli artisti; poiché gli artisti son coloro che spesso s’illudono e confidano nelle potenzialità positive dell’uomo. Salvo poi esserne delusi.

Beethoven s’illuse che Napoleone fosse patrono della libertà; salvo poi esserne deluso quando si fece incoronare imperatore.

piazzolla pugliese yupanqui borges

Piazzolla, Pugliese, Yupanqui, Borges, non furono fascisti o collaborazionisti e non furono complici delle stragi del dittatore.

Aggiungo che Videla promosse il tango quale esempio della cultura nazionale; e c’è qualche tanguero poco informato, che ebbe a dichiarare che Videla censurò il tango.

È disgustoso che certa gente possa arrivare a scrivere tali nefandezze, tali delittuose infamie; e che magari riceva credito. Ecco qui sotto il link.

La colonna sonora di una dittatura