Dissertazione#2 la vis immaginativa di Mario Eremita

Dissertazione #2 – la vis creativa di Mario Eremita.

In tanti anni di attività dedicata alla divulgazione dell’arte figurativa ho conosciuto il variegato e contraddittorio mondo dell’arte contemporanea italiana.

Sono rimasto a volte deluso dalla volubile attenzione delle istituzioni pubbliche e private nei riguardi degli artisti, volubilità giustificata ma non sempre, dall’ormai diffusa abitudine alla mediocrità di questi.

Arduo per chi segue il mondo delle arti è possedere il terzo occhio che, come diceva qualcuno, consente la pratica più difficile: “saper vedere”.

La mostra alla National Art Gallery – Museo Nazionale dell’Arte Figurativa Bulgara di Sofia, dedicata a Mario Eremita, si pone all’attenzione dell’interesse del pubblico e provoca, come sempre, intensa riflessione ed il piacere dei più colti nel voler sondare colla propria mente allenata, le misteriose vie dell’immaginazione.
L’attenzione dei mass-media bulgari è stata significativa e le interviste all’artista sono state trasmesse dalle radio e dalle televisioni nazionali ed internazionali. Personalmente, ho potuto apprezzare un perfetto equilibrio tra il risalto dell’evento, fornito anche dalla collocazione nella sede della Galleria Nazionale e dalla mobilitazione di autorevoli personalità della politica bulgara ed italiana e l’intrinseca validità e pregnanza delle opere esposte, cosa eminentemente rara, quando si tratta di “arte contemporanea”; e questo è presto verificato.

L’opera di Eremita infatti ha un’origine del tutto nuova; la pittura di questo grande artista non è facilmente inquadrabile e mette in difficoltà anche il più esperto critico e studioso.
Soprattutto in questi tempi in cui la specializzazione e la parcellizzazione delle mansioni è dilagata anche nel mondo dell’arte, selezionando autori che si cimentano ( per ovvi e disgraziati ostacoli attitudinali ) in limitatissimi ambiti e che si qualificano con asfittica od insulsa immaginazione.

Le tavole di Eremita stabiliscono una nuova forma di fare pittura, sono una pietra miliare: esse sono valori estetici elaborati per una nuova forma d’arte cui, per maggioranza degli artisti e dei critici occidentali è estremamente difficile accostarsi per imperizia; solamente autorevoli nomi della critica ne hanno toccato alcuni nodi fondamentali.

Ogni dipinto, ogni scultura di Eremita meriterebbe un saggio per spiegare di quanto talento bisogna essere dotati per trasformare il colore in sinfonia di luci ed ombre, per rendere una mano, un braccio, un corpo, leggero ed evanescente come il fumo ma più vivo della stessa carne per riprodurre un corpo con un segno e, con un segno, un intero corpo e, con la posa di un corpo un significato universale, per infondere in un gesto non solo la forzaquella posa non solo la forza vitale ma anche la tensione drammatica data dalla ragione, dalla psiche, dall’esperienza sociale.

L’artista è in grado di dirigere il complesso tonale dei colori con la stessa dolorosa grazia di Beethoven e, nella secca articolazione grafica della china, apporta i medesimi fragorosi e ironici climax degni di Rossini piegandola ed ammorbidendola al suo volere; ecco vedete, più che con altra pittura il paragone risulta più semplice con la musica.

Questi linguaggi, d’imbarazzante semplicità per il genio, spesso, come la storia insegna, restano incompresi per lungo tempo e ciò è di conforto all’artista.

Ebbene, per ritrovare in Italia artisti paragonabili al talento tecnico di Mario Eremita bisogna andare indietro nel tempo.

Molti esperti, osservando i dipinti, credono che essi vogliano rilanciare una sorta di nuovo rinascimento; costoro s’ingannano: semplicemente perché non possono riscontrare una pittura così competente, autorevole, elaborata, complessa e raffinata se non facendo riferimento alla pittura antica.

In realtà la pittura di Eremita dal punto di vista storico è estremamente attuale e, dal punto di vista estetico, estremamente contemporanea, esattamente come la migliore pittura rinascimentale o meglio come la migliore pittura d’ogni epoca.

Entra quindi in gioco anche l’aspetto contenutistico. L’arte di Eremita è quindi cosa seria, non vi sono rilassamenti o abbandoni a fantasie vacue. Essa non è avvilita dalla quotidianità ma persegue uno scopo: lasciare un segno, una sensazione alla posterità con linguaggio universale; e mantenere il dono della grazia creativa fermo nei binari di questa, quasi ascetica, missione.

Nella poetica e nella Weltanschauung di Eremita è centrale la condizione umana. L’umanità è riflessa come ad uno specchio che ne svela implacabile luci ed ombre, vette e baratri orrendi. Eremita intrattiene un delicato e sottile dialogo con Goya e trasmuta il suo messaggio de “il sonno della ragione genera mostri”.

allegoria

Quella testimonianza introduce tematiche articolate, basate sull’ancestrale corruzione dell’umana specie che pare naturalmente predisposta al male, alla distruzione, alla fobia. Mario Eremita rappresenta l’umano genere sempre dinamicamente teso e sospinto, evidentemente graziato dal dono delle grandiose potenzialità benefiche della capacità del pensiero astratto, dono tale da renderlo quasi trasparente ma al contempo lo rappresenta che, infante, inizia se medesimo alla violenza.

Lo rappresenta quindi cavo decerebrato mutilato accecato frustrato, annichilito nelle sue potenzialità, fino a trasformarne il corpo in essere mostruoso, orrido, strabordante di grasso corrotto o essiccato da brezza salsa e acida, densa d’odio e rancore.

La pittura si fa quindi simbolica ma il simbolismo è astratto e diviene messaggio di una potenza universale totalizzante. Simbolo dell’umana specie è la donna; il cavallo espressione della macchina del progresso diabolico della guerra del potere arrogante dell’apocalisse cui l’uomo va certo incontro se non s’oppone.

La natura è presente: è il vacuo, l’atmosfera plumbea o siderale. È la natura matrigna che getta l’uomo nel mondo e lo abbandona alla sua folle corsa verso il baratro, è la maternità lacerata che presenta il proprio figlio, è il “memento mori” il monito che opprime ed esalta: “ricordati che sei qui provvisoriamente”.

Questi sono solo alcuni aspetti simbolici, una rapida carrellata. Da questa sconcertante raccolta di significati emerge ad una prima lettura una visione se non pessimistica addirittura disperata della condizione umana ma questa lettura non è esaustiva.

Osservate meglio: le figure che galleggiano o volano o precipitano o ristanno sono a volte orrende, paurose, inquietanti ma mai brutte; in loro l’artista infonde, grazie alla sua divina tecnica, una profonda carica sensuale od un potente istinto erotico; questo, fondendosi alla plasticità dinamica già descritta, crea nello spettatore un senso di sgomento e di grande suggestione emotiva che spesso da luogo a manifestazioni di grave commozione, fino al pianto.

Consapevolmente o meno, si resta colpiti da questi dipinti; ma se siamo onesti con noi stessi il nostro non è un senso di paura, di rifiuto: ciò che fa vibrare la nostra sensibilità è il fatto che queste figure entrano in contatto empatico con noi e ci trasmettono un messaggio di speranza.

Tale messaggio penetra profondo proprio perché proviene dalle insondabili profondità ancestrali, osservando queste figure noi ci affacciamo su queste profondità e ne siamo attratti, affascinati. Esse ci chiamano, ci invitano, vorrebbero che noi comprendessimo; esse indicano che è possibile per tutti noi il riscatto; che è possibile che la ragione prevalga.

Questa ragione può sopraffarre il proprio sonno solamente se si abbandona alle più genuine peculiarità umane: l’arte, la musica, la danza, l’eros, la sensualità, il piacere sensuale, l’immaginazione.

Solamente se siamo convinti della necessità di questo messaggio possiamo accogliere senza dissidio le figure di Mario Eremita come compagni di un’esistenza vissuta con gli occhi aperti della consapevolezza.

Infine, essendo le opere dell’artista più confacenti ad un approccio multidisciplinare è importante fornire dei riferimenti letterari. La poesia contemporanea del nostro paese: Tonino Guerra, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Ungaretti sono, per Mario Eremita, i principali riferimenti culturali.

galleria arte terzo millennio venezia

Dissertazione#0 una vita per l’arte: la Galleria d’Arte Terzo Millennio

Rifletto sempre sul ruolo che ancora può svolgere l’arte figurativa in una società precipitosamente diretta verso la subcultura consumistica dell’immagine.

Non sono giunto ad una risposta definitiva ma penso che non vi sarà un futuro in cui l’attenzione verso gli aspetti complessi dell’arte sia relegata alla sola rievocazione di grandi autori del passato, lasciando al contemporaneo una semplice e distratta rassegna di cronaca.

Ogni giorno, in ogni luogo, fioriscono umane sensibilità capaci di cogliere l’immutabile mondo dell’arte con la propria unica ed irripetibile immaginazione. Persone dotate del terzo occhio che, come diceva qualcuno, praticano l’arte più difficile: “saper vedere”. Penso che compito non secondario della nostra società sia quello d’incoraggiare e dare un’opportunità di crescita a personalità così dotate.

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Prendendo ispirazione da questi ideali, il 15 dicembre 2001 ho fondato la Galleria d’Arte Terzo ( III ) Millennio in Rio Terà de le Colonne, a pochi metri da Piazza San Marco. La cerimonia d’apertura della Galleria ha subito svelato che essa possiede caratteristiche che ne fanno esempio unico nel già rigoglioso panorama espositivo veneziano.

Frutto della mia volontà di stabilire a Venezia un centro espositivo dedicato alle opere del maestro Mario Eremita, la galleria, possedendo tale robusto, definito e impegnativo indirizzo ma priva di pregiudizi nei confronti di ciò che è immaginazione, ha allargato la sua attività espositiva al tumultuoso mondo dell’arte contemporanea, intraprendendo collaborazioni con numerosi artisti italiani e stranieri.

In un contesto frammentato e disorganico quale quello proprio del mondo dell’arte italiana, in cui vige il perenne assedio della lottizzazione politica e dell’appartenenza; in un ambiente in cui rimangono spesso oscuri i motivi sottostanti le scelte di molte Istituzioni, con la Galleria d’Arte III Millennio, assumendo la forma privatistica, adotto il principio della totale trasparenza e sono sempre disposto a confrontarmi serenamente con chiunque voglia introdurre un dialogo sull’arte.

Dal 1990 mi occupo della divulgazione dell’arte di Mario Eremita per il quale importanti critici e storici dell’arte nonché giornalisti autorevoli con facilità hanno svelato al pubblico diversi nodi interpretativi e ne hanno colto l’inesausta forza espressiva.

Con il mio personale impegno nei confronti di quest’autore sono consapevole d’aver intrapreso un cammino lungo, arduo ed insidioso che richiede rinunce e sacrifici con poche possibilità di rendere concrete soddisfazioni, tuttavia ho considerato tutto ciò come il mio dovere, la mia missione, percependo, nelle opere che mi hanno circondato da sempre, i segni tipici comuni ai grandi artisti della storia.

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Gestisco questa galleria d’arte dal 2002 al 2015, ospitando mostre personali e collettive per oltre 250 artisti italiani e stranieri. Fin dalla fondazione della Galleria d’Arte III Millennio ricerco il dialogo ed il confronto con l’istituzione de La Biennale di Venezia e solamente nel 2011, grazie alla lodevole iniziativa di trasparenza operata dalla Biennale stessa, la galleria può avere la meritatissima responsabilità di divenire “Padiglione Nazionale” e d’ospitare gli artisti della Repubblica di Moldavia; della Repubblica di Estonia, di Taiwan, della Repubblica Popolare della Cina.

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Curo ogni esposizione d’arte personalmente, sia per i testi critici che per la presentazione al pubblico, sempre col fine di coinvolgere ognuno nella lettura delle opere affinché esse siano pienamente godibili essendo sempre più, l’arte attuale, caratterizzata da un linguaggio intimistico, introverso, enigmatico, ermetico e quindi non spontaneamente concepita per trasmettere sentimenti ed emozioni immediate o con una retorica semplicemente descrittiva.

Pur trattando in permanenza un genere che contrasta fortemente con molto di quello che oggi è, da alcuni, considerato esclusivamente “arte”, non ho assunto quell’atteggiamento supponente che esige che si adotti una “militanza” o che in qualche modo si sia “schierati” o si debba necessariamente seguire una “linea” espositiva.

Con la Galleria d’Arte III Millennio mi sono posto in modo affatto neutrale, con l’intento di offrire all’artista, o a chi si ritiene tale, una luminosa e preziosa occasione per misurarsi con la grande prova dell’esposizione pubblica delle proprie opere e quindi della sua più personale intimità.

Ritengo quindi che tale prova, per l’espositore, possa essere o il punto di partenza per una futura carriera espositiva, o un momento di riflessione sull’opportunità di continuare ad operare in questo difficile ambiente.

Con una certa amarezza nei confronti di una situazione difficile come quella delle modalità di funzionamento delle esposizioni d’arte a Venezia, anche a causa della refrattarietà de La Biennale di Venezia verso il mio impegno, nel dicembre 2015 la Galleria d’Arte III Millennio conclude la sua ultima esposizione e, dopo 15 anni d’infaticabile abnegazione chiude i battenti. L’esperienza maturata mi consentirà di allargare gli orizzonti e di ripensare in altri modi la missione che ho assunto ormai trent’anni fa e che ancora mi appassiona e mi affascina.