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Pasolini e le prove che non aveva

io so

Tra novembre 1974 e giugno 1975 Pasolini scrive qualcosa che, a mio parere, è da considerarsi il fulcro sul quale poggerà per i decenni a venire tutta la comunicazione di massa ed alla quale poi seguirà la valanga d’infodemia e di propaganda bianca grigia e nera prima nella semplice rete internet e poi nei social media, fino al paradosso odierno in cui i mass media seguono letteralmente le tendenze dei social media.

Pasolini è il primo ad adoprare questi metodi?
No, certo; ma è tra i primi a democratizzarli. È il primo a stanare la propaganda dagli austeri mezzi di comunicazione, un tempo esclusivi testimoni del contemporaneo, per darla ad uso e consumo di ognuno. Ottiene questo esito nel momento in cui dichiara d’essere un intellettuale e distingue tra politici, frequentatori della politica e intellettuali; ma andiamo con ordine. Procuriamoci il brano pubblicato nel novembre 1974; quindi una seconda parte pubblicata nell’agosto 1975, entrambe sul Corriere della Sera; questi ed altri articoli fecero poi parte della raccolta “lettere luterane”. 

pasolini pier paolo lettere luterane corriere della sera novembre 1974 io so ma non ho le prove

Ecco qui sopra la prima parte del brano. Pasolini contestualizza un periodo storico tra il 1968 ed il 1974 quindi si occupa di attualità, indica alcuni fatti tragici e dichiara di conoscere i responsabili di quei fatti. Conosce responsabili, mandanti ed esecutori materiali; ma no solo. Egli dichiara anche di conoscere chi gestisce le fasi della tensione! 

gli ambienti clerico-fascisti e della DC

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Pasolini dichiara che tutto ha origine negli ambienti clerico-fascisti i quali avrebbero inizialmente creato una tensione anticomunista e quindi in seguito assoldato dei criminali comuni ( magari anche tra le file della mafia ) per instaurare una tensione antifascista. 

Sono dichiarazioni esplosive poste con lucido rigore tattico all’apertura del brano in modo da focalizzare l’attenzione e dare subito una chiave di lettura: il vero grande problema è la DC corrotta.

Tuttavia quello che poteva avere la valenza di uno scoop, in poche righe si sgonfia; l’autore con semplicità afferma di non avere né prove né indizi. Non sa nulla quindi. Tutto ciò che ha dichiarato è semplicemente cosa? Vediamo.

Io so perché sono un intellettuale

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Ecco che Pasolini ci rivela il suo ruolo. A leggere la descrizione che egli fa dell’intellettuale potremmo oggi paragonarla a quella di un mero complottista affetto da infodemia. Come sono labili i confini tra un grande letterato ed un mentecatto ( è sempre così sappiatelo! ), se consideriamo che oggi molti complottisti sono pure scrittori pubblicati da case editrici o che nel web diffondono le loro teorie con materiale audiovisivo e testi scritti.

L’autore tuttavia è profondamente limpido e dichiara che le sue sono produzioni romanzate frutto dell’immaginazione se non anche della pura e semplice finzione. Purtroppo questa parte del brano è stata rimossa dalla seguente narrazione popolare, è rimasta conservata nei documenti ma non ha fatto più parte della vulgata, come anche quella che seguirà dedicata al Partito Comunista, ciò perché i mentecatti prevalgono. 

I giornalisti ed i politici sanno ma non riferiscono

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Pier Paolo ancora procede su quella che oggi sarebbe derubricata a “lagna del complottista” che accusa il “sistema” di celare colpevolmente ciò che egli va scoprendo con l’aiuto del solo suo fiuto/istinto. Assume quindi, nel vuoto istituzional-mediatico, la responsabilità di “fare i nomi”, perché egli, essendo intellettuale, non avrebbe nulla da perdere e non sarebbe compromesso col potere. 

L’intellettuale non può abbassarsi al rango del potere

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Essendo ben consapevole del cinismo nostrano prevede l’ovvia obiezione di chi lo inviterebbe ad appressarsi al potere per carpirne quindi i segreti, magari a tradimento o con sottili espedienti. Ecco qui che il poeta pronuncia uno dei suoi più bei aforismi “IL CORAGGIO INTELLETTUALE DELLA VERITÀ E LA PRATICA POLITICA SONO DUE COSE INCONCILIABILI IN ITALIA.”

Si tratta di uno dei concetti chiave di questo brano che ha un ruolo duplice: associare subliminalmente la verità all’idea dell’intellettuale; esecrare la pratica politica come mera attività di falsificazione. Questa però è un’azione politica, è una presa di posizione ideologica drastica che ha i tratti del postulato e che quindi, in questo ambito ( che non è la geometria ), assume il profilo del dogma. Ricordiamo sempre che Pasolini non ha alcun dato sufficiente ad esprimere una valutazione razionale intesa esclusivamente a riportare lo stato dei fatti. Gli aforismi sono sempre armi a doppio taglio e devono essere frutto di profonda riflessione prima di divenire pubblici e Pier Paolo lo sa benissimo. Infatti questo aforisma è ancora attuale e potrebbe essere universale; tuttavia è il rapporto tra politica e consenso che pone pesantemente la questione della trasparenza e non tanto l’appartenenza a questo o quel partito ed è qui che Pasolini inizia a camminare sul filo del rasoio. 

Ruolo dell’intellettuale nell’immaginario borghese italiano

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Dal principio di verità quindi segue, nella ferrea logica della retorica raffinata dell’autore, un excursus sulla condizione dell’intellettuale che sembra un excursus ma che, invece è un altro dei capisaldi del brano. Cos’è infine “intellettuale”?
Per il borghese medio trattasi di un parolone che richiama una figura idealistica proiettata verso discussioni sui massimi sistemi, magari un pedante isolato nei suoi pignoli ragionamenti accademici; un titolo onorifico, una croce estetica, una figura goffa e quindi facile all’asservimento. Tale coacervo di presunzioni sgorga dal retaggio dell’antica cultura ecclesiastica innestata con cura alle ataviche tradizioni rurali, che effettivamente sussistono ancor oggi. Questo si è un passaggio di assoluta verità, di confidenza fraterna che Pasolini ci riserva e che ha probabilmente motivato la nascita dell’intero brano. 

Opposizione al potere, il Partito Comunista

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Nel 1947 il poeta venticinquenne si iscrisse al PCI di San Giovanni di Casarsa e ne divenne segretario ( nell’ultima intervista prima della morte nega simpaticamente di aver aderito ad un qualsiasi partito politico ). Mai egli ha ritrattato la sua fede comunista. Qui espone con ampi particolari ciò che per lui è il Partito Comunista Italiano e lo pone nel contesto politico nazionale come un’isola d’eccellenza in un mare d’abiezione. L’apice della propaganda grigia è stato raggiunto, ormai agli sgoccioli del brano, per coloro che sono giunti fin qui si svela la luce, il possibile rimedio. Pasolini è talmente abile colla sua retorica da pensarlo come Partito-Ambasciatore in un paese ostile ma non solo, vedremo poi. Giunge quindi in soccorso dell’intellettuale un grimaldello che ha il genoma compatibile al potere per estrarne le informazioni desiderate. 

Il compromesso

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Rimarcando quella che indiscutibilmente è la lungimiranza del Segretario Nazionale del PCI Enrico Berlinguer, il poeta inserisce nel brano la parola chiave “compromesso” per ben due volte in due righe evidenziandola tra virgolette ed indicandola con l’aggettivo “quel” per trasmetterne la non paternità e quindi per darne anche maggior autorevolezza. Alla parola alleanza è riservato si lo stesso inquadramento nelle virgolette ma per esaltarne un significato lato, assolutamente strumentale, affinché le distanze tra le fazioni siano mantenute ben distinte. Pasolini, dopo la bella entrata sul palcoscenico del suo partito di riferimento, ne traccia velocemente il più importante dei suoi punti programmatici, che sarà in seguito la causa di uno dei momenti più tetri della storia della Repubblica ma per allora, purtroppo, il poeta sarà già assassinato. 

L’opposizione è contro-potere

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Ecco qui il successivo sottile esempio di retorica. È controproducente che nella soluzione prospettata non vi sia alcun tentennamento, alcuna criticità. Questo potrebbe smascherare il propagandista ed affossare lo scopo del suo impegno perciò: il Partito Comunista come opposizione al potere è anch’esso un potere e come tale si comporta sia in ordine alla verità che in ordine al suo rapporto con la funzione dell’intellettuale. Piomba quindi, ancora drastico, il giudizio aprioristico e dogmatico già visto in precedenza che ci riporta all’aforisma, chiave di volta dell’intero brano. 

verità politica e pratica politica

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Pasolini s’addentra in una deduzione che ha come premessa un pregiudizio, giungendo ad un corollario all’aforisma: si deve distinguere “verità politica da pratica politica”. È non dissimile dal luogo comune de “tutti i politici sono ladri!”, è uno slogan; certo uno slogan di elevata raffinatezza ma pur sempre uno slogan che gioca nella struttura articolata di questo brano di propaganda grigia. Insomma, resta inutile l’impegno dell’intellettuale che ha in ripugnanza la politica, per addivenire alle responsabilità nominali peraltro già individuate a livello di area politica. Inutile perché vige una regola aurea che fa omertoso colui che pratica la politica.

Sfiduciare o non sfiduciare?

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L’accidentato percorso di questo brano, insidioso e seducente, ripropone alle battute finali la vexata quaestio su ciò che dovrebbe deve dovrà compiere l’intellettuale. Quali responsabilità sono poggiate sulle sue spalle indipendenti?
Ebbene, dopo essersi sollevato dalla responsabilità di assurgere al sapere avendo in disprezzo il potere, dopo aver professato la sua aderenza al potere nella sua forma transeunte di contro-potere ( perché lo scopo di ogni partito politico è prendere il potere ), dopo aver insinuato, in forza della sua autorevolezza d’intellettuale estraneo alla definizione borghese, di sapere la verità; ecco che rinuncia al rischio che tale attività comporta perché aderisce ai principi “formali” della democrazia ed al suo credo nel Parlamento e nei partiti. Perché io si che qui ci vedo una rinuncia al rischio, calcolata con due potenti variabili: quella del credo politico, quella della fiducia nella figura di Berlinguer.

Mozione di sfiducia

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Infatti ecco qui il finale, nel quale Pasolini lancia un chiaro appello a Berlinguer affinché ponga le basi per il cambiamento della società italiana nella direzione che lui suppone essere quella corretta, senza scontentare la nazione che ha consegnato l’Italia alla democrazia che a quei tempi esercitava un immenso potere d’influenza sulle decisioni di politica interna. 

Pasolini entra ed esce dai suoi personaggi: è complottista, poi intellettuale, poi militante politico, poi nuovamente intellettuale, poi fedele difensore dei principi repubblicani. 

Pasolini è abile manipolatore di un genere di propaganda parecchio raffinata, la “propaganda grigia”. Quella che mescola fonti attendibili a mere illazioni affinché le prime diano valore alle seconde ed una delle fonti attendibili è propriamente egli stesso grazie alla sua monumentale autorevolezza di pensatore e la sua popolarità dovuta a eccelsi meriti, oltre che ad un’estetica accattivante.

Colpo di Stato

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Ad agosto del 1975 tuttavia il poeta decide di dar seguito alla sua intenzione di fare i nomi, chissà per quali motivi decide di cambiare drasticamente linea; forse aveva iniziato a sospettare di essere nel mirino anche perché incombevano gli anni di piombo e quelli come lui le cose le sentono, hanno il fiuto.

Il brano ( qui un estratto ), a differenza dell’altro, è una cascata di furia e sano rancore. È uno spietato elenco di responsabilità che vanno ben oltre le terribili stragi, delineando il quadro impietoso dell’Italia del boom economico. Chissà, tra il novembre 1974 e l’agosto 1975 il poeta attese un riscontro che non ricevette.  

Amare conclusioni

Pasolini lascia questa preziosa documentazione che più che essere una testimonianza è una sintesi metodologica di come dovrebbe funzionare un’azione di propaganda leale ed efficace.

Purtroppo l’uso che si fa delle sue parole, sforbiciate rimediate se non manipolate ai fini dello spettacolo, contribuiscono a licenziare “autorizzazioni morali” a milioni di persone che danno sfogo alle più assurde e strumentali menzogne utili a campagne di destabilizzazione del regime democratico ( per quanto discutibile ed imperfetto ) e lo scivolamento verso l’ansiosa ricerca di nuove forme di potere o verso un sordido anarchismo se non una più semplice e crudele cleptocrazia.

Il video che qui segue sembra un innocuo omaggio alle parole di Pasolini ma, per il fatto di essere stato estratto e ridotto ad alcuni dei passaggi più emotivi, quelli che l’autore mise giustamente all’inizio ma che erano funzionali al seguito, concede appunto quelle “autorizzazioni morali”. 

la gazza ladra a la maniera de "bestiario moderno"

La Gazza Ladra

A la maniera del “Bestiario Moderno” sui recenti fatti d’appropriazione indebita d’altrui letterario manufatto

Ignota ai più la vicenda che vide verso fine marzo 2024, Pasqua imminente, una popolana utente del socialnetwork FB appropriarsi senza alcun diritto di componimento letterario aforistico rilasciato dalla pagina “Bestiario Moderno”.

Il fatto diede seguito a dignitosa reprimenda che s’inflisse proprio nella bacheca della rea con una sostenuta ed onorevole fecal tempesta di commenti.

Seguendo con piacevole interesse i testi letterari del “Bestiario Moderno” da alcune settimane e considerando la letteratura volta ad un triste destino d’aridità senza il flusso continuo ed inesorabile dell’umana stupidità, ho voluto dedicare un breve racconto alla maniera “Bestiario Moderno” in riferimento al tossico ( ma neanche tanto ) episodio sottrattivo ed abusante.

La redazione dell’eccellente pagina, cui ho sottoposto il brano, non me ne voglia o magari voglia farsene delatore.

La Gazza Ladra

la gazza ladra a la maniera de "bestiario moderno"

La gazza ladra al tramonto era lurida di fango e di quelle polveri tossiche che s’impastano ai bordi delle strade; saltellava lugubre mentre approntava il decollo per svolazzare verso il suo nascondiglio quando vide quel maledetto scintillio.

Impossibile trattenersi pur avendo l’intestino pieno di lombrichi larve imenotteri falene lucertole che pretendevano il loro destino. Si gettò quindi sul bottino, là tra una pietra miliare anno 18 dell’impero e un sacchetto della Lidl pieno di lattine di tonno sfondate, fazzoletti incrostati di moccio e sperma e lastre di pvc dure come acciaio in cui le fette dei porci resistono alla decomposizione.

Col becco infilò la catenina ma era lunga e attorcigliata in parte in quello schifoso cespuglio di ortiche tarassaco ruta filtri marlboro e piscio. La gazza si mise a picchiettare ostinata là, nel torbido.

Sotto il suo becco avido sbucarono alcune decine di piccoli toporagno affamati, la toporagno-madre era stata schiacciata la sera prima mentre rientrava con la spesa.

I toporagno con le fauci taglienti lacerarono il collo della gazza sbranandola in pochi minuti. Poi si divisero il bottino e fieri sfilarono ognuno con la sua catena d’oro sul collo villoso.

header alcune piccole radici del male

Alcune piccole radici del male

come il maligno s’insinua nella mente umana

Esistono le persone malvagie?
Si, esistono e fanno parte del grande insieme di coloro che hanno disturbi psichici ( vuol dire tutto e nulla visto che almeno il 75% della popolazione ha disturbi psichici ); ma la malvagità è un universo di sottilissime sfumature tra le quali ci si perde tanto da scambiare certe persone malvagie per semplici ignoranti o sempliciotti.

Qui vorrei accennare ad un insieme di soggetti che sono diventati molto noti negli ultimi 15 anni con l’avvento dei social network, con alcune conseguenze che reputo pericolose. I social ci consentono di uscire virtualmente di casa e di confrontarci praticamente con chiunque. Come se ci mettessimo a parlare in piazza con tutti quelli che passano.

Ecco che questa nuova e potente risorsa ci ha mostrato principalmente aspetti degeneri e negativi perché, come la stupidità, sono i più comuni nella generica popolazione umana.

I meschini

Tra questi mi colpiscono particolarmente quelli propri di coloro che insultano scienziati, ricercatori, esperti, professionisti; negano risultati di studi, sussistenza di scoperte. Svelano una forma psicopatologica antisociale piuttosto ripugnante perché del tutto lampante e stridente con il più semplice buon senso; qui, infatti, le sottigliezze non contano.

Da cosa ha origine questa degenerazione, questa perversione?
Mi arrischio, addentrandomi con la sola guida del mio intuito e di qualche lettura, con un parere. Questi individui sembrano divenuti adulti senza aver ricevuto un minimo d’educazione e di nozioni ( forse sono alla terza media ma non è detto ). Le loro famiglie li hanno trascurati, sono cresciuti in ambienti privi di stimoli, superficiali, incentrati esclusivamente sul materialismo, sui bisogni primari e sui tristi disvalori dei meschini.

Giunti alla forma fisicamente adulta, col vissuto che ovviamente si portano sul groppone, accedono al web e poi al social, dove vengono letteralmente bombardati da migliaia d’informazioni e notizie d’ogni tipo. Se poco poco escono dalla loro consuetudinaria realtà, che il web è dispostissimo a propinare per indispensabili interessi economici, si ritrovano altre migliaia di notizie ed informazioni che sconfinano tra letteratura filosofia economia scienza medicina politica. Si ritrovano disorientati, privi del caldo comfort che offriva loro il gossip, l’esito sportivo, il populismo becero, il porno-giornalismo, l’alluce valgo, la calvizie, il pronto moda, lo stupro, la carneficina domestica.

Precipitati quindi dal letto della loro squallida esistenza consumistica e cronachistica, si svela loro questo nuovo mondo che, se prima era appena percettibile e lasciato a luoghi alieni come università, scuole, centri di ricerca, laboratori, studi, o anche rubriche specialistiche di programmi tivvù ( facilmente trascurabili con lo zapping ), oggi, con l’euristico algoritmo dei social, può divenire assillante richiamo ad una coatta pseudo-riflessione sulla propria condizione d’inadeguata arretratezza.

Far fronte a tali pesanti aggressioni alle proprie certezze è dura. Credono di poterle ignorare ma infine il subconscio ( lo hanno tutti ) si ribella e fa soffrire. Reagiscono allora ricercando appigli che diano la tanto agognata conferma che, anche in quel mondo così immenso e disorientante del sapere, vi sia qualcosa di sbagliato e corrotto ( come loro ) che li faccia rasserenare.

I ciarlatani

Ecco che entrano in gioco i ciarlatani. Parlano la loro lingua e affrontano quel colosso facendo loro credere di poter avere la meglio. I ciarlatani divengono i loro eroi, quelli che possono riscattarli rassicurandoli di essere nella posizione giusta, infissi sempre più a fondo nella loro condizione miserevole e ottusa. La paura passa e grazie a pompate di endorfine, si sostituisce con una fiera e baldanzosa presunzione; con poco o nessuno sforzo ce l’hanno fatta!
Hanno sconfitto il colosso del sapere!!
Grazie al ciarlatano possono insultare l’astronauta, irridere l’ingegnere, denigrare l’architetto, snobbare lo scrittore, maledire il naturalista, ignorare il medico, avvilire l’artista e, soprattutto, negare passo passo ogni verità scientifica o fatto storico che abbia superato ormai da tempo la prova della confutazione. 

Il sollievo è integrale e rafforza il senso di sicurezza. È come come quando il pubblico ride avanti alla gag del comico. Quella risata ha una componente apotropaica, depura la coscienza illudendoci, ponendoci in una posizione d’alterità rispetto al comico. Ridiamo di ciò perché crediamo di non essere ciò di cui ridiamo. Ecco perché la comicità e la satira hanno una pericolosa potenzialità sul pubblico ( ne parlerò altrove ).

Questi individui sono invertiti e cercano autorevolezza e conferma in ciò che gli somiglia. Altrimenti dovrebbero ammettere di essere ciò che sono.

I moralistici

A questo punto, da profano, avrei anche esaurito l’argomento ( di per sé arido ), se non fosse per una reazione che negli ultimi tempi verifico sempre più spesso in quelli che vogliono opporsi alla massa putrescente di questi meschini. Si tratta di un altro gruppo di persone convinte di detenere le redini del giusto, del bene, del sano, del sapere e, soprattutto, di avere il diritto d’auspicare pubbliche forme di contrasto a quegli altri, sono i moralistici.

“respirano il nostro stesso ossigeno”

All’inizio le reazioni s’incentravano sul fatto che disgraziatamente quelli respirassero il nostro stesso ossigeno. Si trattava ovviamente di humor nero piuttosto esagerato in contrasto alle enormi bassezze dei primi ma quella considerazione veniva ripetuta ed implementata in pagine e gruppi, finché col tempo essa si è persa, forse per l’intervento dei moderatori che hanno sanzionato chi la diffondeva.

“essi votano”

Debuttò allora la meno violenta ma più subdola espressione “essi votano”, impossibile da censurare ma che invia un messaggio parimenti, se non più, preoccupante del primo. Un messaggio destabilizzante per la stessa strutturazione del nostro sistema democratico. Infine pare che il peggior danno non lo causino i meschini che ho descritto ma i moralistici, presunti sani ed autorevoli.

Questi ultimi infatti licenziano l’idea di negare diritti universali a porzioni di popolazione sulla base di giudizi morali e di merito socio-culturale, facendo il paio con chi centocinquanta anni fa riteneva che chi non avesse titoli di studio ( e magari non fosse maschio ), non dovesse accedere alle urne.

Temo che il placet a questa ondata d’elitaristica repressione avverso il dilagare dei meschini operata dai moralistici, che valuto del tutto simmetrica ed equidistante a ciò che sia bene e giusto e conforme a principi fondamentali di eguaglianza e civismo, l’abbia dato ( involontariamente ? ) il compianto Umberto Eco.

umberto eco citazione legioni imbecilli social network libertà parola premio nobel

Agli esordi del web come strumento di comunicazione di massa nella sua forma popolarizzata dei social network, forse in preda ad un momento di rilassamento conviviale e confidenziale, affermò che i social sono pieni d’imbecilli con lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel. L’affermazione, per quanto si possa ampiamente condividere, fu la miccia che accese l’irrazionale replica di altre legioni di imbecilli: i moralistici.

Questi, dotati probabilmente di un’istruzione superiore a quella dei meschini ma certo della medesima presunzione e protervia, oltre al non aver assimilato solidi valori morali positivi, si sono girati il film in cui assumono il diritto/dovere di poter negare libertà civili ai secondi. Magari sono le stesse persone che in altri contesti blaterano vacuamente sull’identità di genere o sulle minoranze etniche o sulle popolazioni perseguitate o su fantomatici domini d’apartheid, fino a discettare sui benefici della pace e del disarmo universale a tutto vantaggio delle popolazioni invase.

Conclusioni

È preoccupante tutto ciò?
Ebbene sì, lo è perché ciò che affermiamo con la parola o con lo scritto e che iniziamo a ripetere compulsivamente, seppur esecrabile, ipocrita, falso, fuorviante, crudele, violento, corrotto, sovversivo dell’ordine del diritto, lesivo delle libertà fondanti, originato da bias cognitivi e convinzioni errate, diviene col tempo realtà fondata e valore sul quale poi si basano le nostre scelte collettive. Sono i semi che gettano poi alcune piccole radici del male.

header carmelo bene vicende già note

Carmelo Bene, vicende già note

come al solito per gli artisti solo disprezzo

La misera cronaca che segue è la giusta scarna cronologica sequenza di ciò che merita quello che fu dell’artista e suo materiale ricordo. 

Carmelo Bene è deceduto il 16 marzo 2002. Alla morte di Carmelo rimasero Maria Luisa, sorella, attrice, co-sceneggiatrice, musa di Carmelo e suo figlio Stefano; costoro ereditarono la proprietà della Casa Turca che fu set di “Nostra Signora dei Turchi”.

La casa venne messa in vendita e Maria Luisa si trasferì in una casa più piccola in affitto lasciando praticamente arredata la Casa Turca che passò in gestione ad un architetto con la smania della poesia e degli affari che pensò di farne un Bed & Breakfast. 

carmelo bene casa turca patrimonio dell'artista santa cesarea terme

Il 15 ottobre 2013 purtroppo viene a mancare anche Maria Luisa ed erede universale restò Stefano che cercò di recuperare dalla Casa Turca tutto ciò che poteva, prima che venisse alienata e trasformata in un’attività ricettiva. 

Vi furono proteste, sit-in, raccolte firme, petizioni, per sensibilizzare il Comune di Santa Cesarea Terme in ordine all’acquisizione dell’immobile per farne il museo “Casa di Carmelo Bene” ma tutto fu inutile. 

Stefano De Mattia, figlio del primo marito di Maria Luisa ha ricevuto in dono le poesie giovanili e l’ultimo libro “Ho sognato di vivere” ed ha recuperato anche molto altro materiale, purtroppo non tutto perché vive in un mini appartamento a Roma. Con questo materiale egli ha anche organizzato una mostra sempre a Roma. La Bompiani ha ignorato le opere di Bene per 19 anni ma è normale. Tutti i poeti dovrebbero scrivere il medesimo epitaffio: “NE RIPARLIAMO TRA VENT’ANNI”. 

carmelo bene casa turca patrimonio dell'artista santa cesarea terme

Ciò che sciaguratamente è rimasto nella Casa Turca che Stefano non è riuscito a recuperare è di proprietà di capre e somari, incapaci di comprendere e dare il giusto valore a ciò che possiedono. 

luke il cannolicchio nicola eremita

Luke il cannolicchio

A nord del piccolo mare dai bassi e fangosi fondali, s’allunga la striscia di terra, ereditiera di dune ammonticchiate da correnti e venti del sud e dell’est, trattenute poi da canne e piccole psammofile eroiche. Ella, coi millenni razziò i flutti d’una laguna tiepida dolciastra rilucente.

Fin da piccola attirò innumeri esserini, desiderosi di non far solo i locatari del basso mare ma d’osare periodici capolini all’aria, magari quando le stagioni cambiano il turno e tutto è pieno di promesse o di venti severi ancora fragranti, appena usciti dal forno estivo.

Tutti lor quanti erano, migliaia di migliaia, rotolati fuori dai frangenti o spinti delicatamente da deboli increspature della bonaccia, davano alle dune qualcosa in cambio. Microorganismi utili alla costruzione: batteri e alghe così da formare lo sterminato campo di viscida tenuta alla corrente, trattenendo sali minerali, silici, carbonati, resti organici.

Quando l’opera d’equilibrio stocastico e destino fu imperiosa avanti le coste della piana regione nordica, infilata come un tovagliolo sotto il pentolame ribaltato della pedemontana a ridosso delle vette zigzagate sul fondo del cielo, giunsero esseri senzienti insofferenti all’abbandono del fato. Bipedi di media altezza e glabri, coperti di materiali non loro, elaborati coll’auspicio d’articolazioni prensili.

Presero, con quelle stesse, possesso del luogo ormai maturo, prima che abdicasse ai limi. Lo colonizzarono non solo ponendovi i loro nidi ma piegandolo nella sua mutazione ai propri desideri, imponendo persistenza e facendone tutto rifugio e dispensa.

Nei secoli costruirono e ricostruirono, costringendo gli accidenti a coincidere accrescendo quella che era una debole linea di sabbia ed incerta, sorta a confinamento delle acque lagunari che torrenti e fiumi andavano addolcendo.

In mille anni e più, fu compiuta la civiltà senziente e tecnologica, capace di normare il diritto del singolo e la tanto perseguita dai loro pensatori “civile convivenza” che tramutò l’animale inumano nell’animale umano, a suo dir, levato sopra i capricci istintuali da fondata ragione.

Ora, una notte d’agosto; quando quella civiltà ha impilato tomi e tomi di storia, costruito templi e palazzi e ville e nobili cimiteri per generazioni di nonni, sparso nel mondo i suoi simili ed instancabile, corso alla ventura per premure d’ogni negozio, dai flutti d’acquatico inchiostro, appena agitati da brezze d’oriente, enorme oggetto emerge.

Pare un tronco, dei tanti, divelti e raminghi dalle terre selvagge, che poi si lascian decomporre sulle sabbie. Poi è proprio tutt’altro, non tondo ma piatto, verticale sull’onda in gran parte sommerso ed oscilla e mostra una fessura: ora più, ora men stretta.

È leggero? È pesante? Galleggia? Più che altro ondeggia dritto e fa supporre che gran parte del suo sia sotto, immerso nell’acqua d’inchiostro della notte d’agosto.

Tra i milioni e milioni di piccoli e men piccoli esseri che vivono in quel mondo ondulatorio e bagnato, nulla è cambiato ma ora tra loro, in quell’anarchia della battigia, ritiratosi di poco il mare, è giunto un colosso bruno di sali di calcio dell’acido carbonico. Svetta in aria per venti metri, largo due e chissà quanto ancora è conficcato nella sabbia pesante d’acque. Istoriato da sottili strisce parallele e trasversali all’altezza, segnanti la crescita, è quindi vivo, o lo fu.

Ora che il sole sporge dallo sfondo blu, piatto, tagliato di netto ed arranca in quell’altro blu che si fa azzurro, in tutta la sua possanza s’ammira il guscio dell’immane mollusco.

Ai timidi silenzi notturni era ben più aperto. Alla velata alba, calma ma costellata di freschi richiami di gabbiani voraci, il guscio è più chiuso ma il colonnare impianto del tutto indifferente al rischio, che per altri simili infinitamente più piccoli è assoluto; infatti tutti lor son pronti al vertical risucchio che simula tumulata pompa d’inusitata potenza, sepolta da qualche antico ingegner buontempone. Così quella sfilza sparisce avanti la foga alare dei pennuti; ma quello no. Resta immobile, indifferente, a godersi il clima.

L’ultimo colono s’imbatte nella creatura fuori scala, fuori dal mare, in buona parte ( forse ) fuori dalla sabbia.

È quello che al mattino passa per primo di là?

Forse; ma è colui che s’accorge che qualcosa è cambiato. È un signore che, retto da instancabile orgoglio salutista, si produce con comoda costanza nel podismo mattutino in quei bordi fragorosi, intrisi e cedevoli.

La sicumera abitudinaria, comprensiva della duplice realtà: instabile ai piedi e monotona al viso, induce lo sguardo a volger presso il basso rimirando il passo, più o men forte, più o men leggero; tale usanza, ormai rappresa nei tempi ripetitivi dell’esercizio, espone lo sportivo al brutal cozzo con rugosa e dura scorza del gigante costiero.

È più impatto o spavento che produce grido e schianto?

L’altro nemmen vibrò mentre chiavi cappellino smartphone ed il primo eseguivano, con distinte parabole, cadute libere al terreno.

Silenzio! Per poco sol piccole onde e brezza. Un lamento, un’imprecazione irriferibile e quella domanda: “ma che casso xeo?”

Stupore si fa largo tra dolore e sorpresa. Sbattendo via la sabbia con la mano e con l’altra al naso sanguinante, ricerca l’insostituibile strumento che immediato testimoni quel vero. Eccolo, tra i granelli in parte infisso, acceso, poco inumidito. Eccolo, colla ridda di funzioni a protendere e replicare memorie. Eccolo scuro piatto sottile, più ampio dei telefonini, ridicoli walkie-talkie a tariffa.

Scorre il dito tremante pel recente shock, avvia l’app, induce col click, imposta il frame, produce il file, passa al social, stabilisce il topic, inserisce il text, avvia il thread.

Non s’è alzato e già s’è gettato in quel mondo promiscuo di strafinzione ed iperrealtà.

S’allontana quanto basta per unirsi ad altri suoi che già spuntano da dune, scogli, cespugli, come ogni mattino d’estate. Biascicano, improvvisano goffe lezioni di scienze naturali, pregano, imprecano, richiamano miti, vaticinano. Innumeri stregoni e dotti, quasi avesser già pria ordito adunanza.

La rete incalza e s’impregna dei piccoli atti da nulla che, come spluvie, espandono l’incendio. Il passaparola è titolone di giornali assetati, notizia di telegiornali asfittici, dibattito e lite di triti talk show.

Creatura gigantesca appare sulla spiaggia del Lido! Enorme mollusco spiaggia al Lido! Bivalve mostruoso scoperto nelle acque di Venezia! È l’inquinamento! È il riscaldamento! È la radioattività! La globalizzazione! È la grande nave! Ecco comitati pro-mollusco e no-mollusco! Raduni ambientalisti coi fuocherelli canne e chitarre! Chi vorrebbe cucinarlo per un’immensa abbuffata! Bagnini protestano! Disordini alle spiagge! Troppi escursionisti! Forte calo dei noleggi di pedalò! Non si consumano gli spritz! Non bastava la pandemia, adesso ci si mettono anche i molluschi! Il Sindaco convoca la sala operativa! Le Frecce Tricolori fanno veloci passaggi sopra bestione immoto che con inesorabile periodicità sale e scende nella battigia, per affermarne inconfutabile essenza patria! Intendono prelevarlo per la scienza; impossibile! Pare capisca e, con la potenza vitale dei suoi simili ma milioni di volte in proporzione, rapido scompare nei meandri sabbiosi tra quei tanti suoi fratellini, antichi creatori. Con la calma deve rispuntar fuori, magari a notte fonda, con la luna piena. E chi ha tempo di aspettare? E quanto costa?

Un bimbo, nessuno ricorda il nome o da dove sia giunto, lo chiama Luke. Luke il cannolicchio!

Egli rimane in quel luogo: per tutta l’estate accanto a Luke. Ci parla, avvicinando la sua testina alla fessura. Allora la mastodontica cappalunga tra granelli di sabbia annacquata, lascia piccole bolle mittenti lieto sussurro. Col tempo ognuno ritorna al proprio vagare, alle proprie faccende. C’è chi ha contato le sottili strisce parallele, sono milioni ma non son tutte.

attenti ai demiurghi

Attenti ai demiurghi!

La situazione di crisi e difficoltà, il panico generale, il terrore che certi sciacalli incutono con le armi della finanza, i segnali disumani che provengono da politici infami e da una generale indecenza dei mass media possono portare la popolazione alla convinzione che esista un demiurgo.

Il demiurgo è sostanzilamente una figura di fantasia, umanizzato sarebbe colui che fosse capace di affrontare e risolvere questioni universali, problemi intricati e scottanti.
In tempi recenti fu nel 2012 che i politici italiani si convinsero ( in buona fede ed in malafede ) che Mario Monti fosse una sorta di demiurgo. Perché?
Ecco Mario Monti è stato:
Presidente della Bocconi, Accademico, Economista a livello mondiale, Membro di una cinquantina di consigli di amministrazione, autore di un centinaio di pubblicazioni, commissario europeo, membro del gruppo Bildeberg, Presidente di un ente fondato da Rockfeller, Advisor Goldman Sachs, Coca Cola, Moody’s , Atlantic Council…

Per fortuna abbiamo inventato la democrazia, col voto e il consenso popolare. Per fortuna abbiamo inventato il populismo, il socialismo, il marxismo, il fascismo, il romanticismo.
Così possiamo cercare di difenderci da chi pensa d’incantarci con le carte e i diplomi mentre ce lo mette a bottega. 

Tutti i bellissimi titoli sopra elencati sono fatti umani esattamente come:
mungere una vacca con abilità, saper piantare un cigliegio, costruire una casa, riparare il water, allevare i maiali, salvare una vita con il massaggio cardiaco, saper fare la manovra di heimlich, avere il coraggio di pulire un handicappato che se la fa addosso 3 volte al giorno, assistere gli anziani, educare i figli, amare una o più persone perché sono simpatiche, essere capaci di ammazzare una bestia e macellarla, avere una sensibilità per la musica, saper dipingere, saper cucinare, effettuare un’operazione chirurgica, provare empatia per il prossimo…

Solo che questi, potrei andare avanti per ore, non si definiscono “titoli accademici” ma attitudini e talenti e quindi sono molto più utili, anzi sono necessari, alla sopravvivenza della specie umana. 
I titoli accademici sono la prova che un tizio ha riconosciuto un’autorità e che questa lo ha di conseguenza riconosciuto. Sono atti di potere. Non stabiliscono il valore di una persona.

Purtroppo qui non ho citato Monti a caso. Costui rappresenta proprio la negazione totale di qualsiasi attitudine o talento. Col suo operato ha dimostrato di essere il frutto di una provetta di laboratorio per la gestione della ricchezza e della speculazione finanziaria.
Ciò che non ha rilevanza primaria per la politica di un paese ma per gli interessi di pochi e interessi da scommettitori incalliti ( vedete voi il livello morale di chi scommette compulsivamente ).

Egli è esempio del tentativo ( già intrapreso in precedenza ) di razionalizzare scientificamente il funzionamento dell’economia che è una materia umanistica e non scientifica. In tal senso egli può essere paragonato a chi, nel ‘900, razionalizzava sulla gestione della vita umana stabilendo chi dovesse vivere e chi dovesse morire.
Monti non capisce nulla di politica ma capisce benissimo i limiti e le opportunità del suo potere e del potere della sua cricca.

Lo abbiamo visto tutti in televisione con un cagnolino tra le gambe per voler dimostrare di avere un briciolo di umanità; il contrasto era così forte che pareva ancor più cinico del normale.

Purtroppo quelli che si fanno illudere sono molti. Sono quelli che s’incantano con gli specchietti ( come i poveri indigeni delle foreste ) sono quelli che si perdono nella definizione del termine “competenza” ma che ad essa associano ricette e formule magiche o stregoni onnipotenti ( demiurghi ) che dovrebbero risolvere i problemi dell’umanità ( e con le ricette magiche e gli stregoni la competenza va a farsi benedire ).

Gli illusi si dimenticano che l’umanità è un problema di per sé e che è fatto di carne sangue e irrazionalità. Ad esempio questo genere di persone ( gli illusi ) crede che l’arte serva nei musei e non capisce né mai capirà che l’arte è alla base della nostra sopravvivenza e non capirà nemmeno come e perché quell’arte sia arrivata in quei musei, semplicemente perché crede che sia del tutto inutile porsi certe domande, c’è già l’audioguida, c’è già la didascalia. Capite l’aridità, la miseria, di tutto ciò?
Se lo capite avete già fatto un passo avanti. 

Agli illusi che cercano demiurghi che risolvano tutti i problemi piaccono quelli che non volano ma fanno balzi da gallina, al massimo da tacchino e troppo spesso ricevono credito perché, con sfacciata arroganza, pur non sapendo tenere in mano un cacciavite, sventolano le loro carte ed i loro titoli.

nicolaeremita ode verdi

Ah, qual forza tuo destin!

Ode a Giuseppe Fortunino Francesco Verdi.
Le Roncole, 10 ottobre 1813
Milano, 27 gennaio 1901

 

I 1 — 4
Nel mondo, da filatrice ed oste, eietto,
in Roncole, contrada di Busseto,
Verdi Bepi compiva il primo atto,
a musicar suo talento col spinetto.

II 5 — 8
Manifesto fé di sé al Cavalletti,
meccanico nei melodici istrumenti,
ed ei, raffermo ai suoni tal siffatti
nolle nasconder dei godimenti.

III 9 — 12
Ei, intriso di solerzia e senza posa,
poscia aver sanato il vil strumento
riavviò con mano e fé la chiosa
con detto italico, al gentil portento.

IV 13 — 16
In Marzo dell’ottocento anno ventuno
l’artigian modesto e luminoso
dell’ottenne capace ed opportuno
seppe avvenir fulgido e armonioso.

V 17 — 20
Alle note avezzo e mai avulso od ebbro
Bepi principiò coltivar sonora mente
all’ordine di cui fu lustroso membro
Cartesio, che viver volle dubbiosamente.

VI 21 — 24
È costì che Sant’Ignazio di Loyola,
che a Gesuiti diede il seme,
fu pel Bepi infante, prima scola
lì, di scienza grave e di speme.

VII 25 — 28
Principiò la musical composta rima
et, colla mano, l’istrumental pratica
dal Provesi Mastro di certa stima
di paesana banda Filarmonica.

VIII 29 — 32
In Busseto, intento in giochi bimbi,
ei trascorrea lieti giorni di bimbo;
ma quei potean essere i suoi piombi,
se avesse sé lasciato in quel limbo.

IX 33 — 36
Dhé, mossesi pigliosamente lesto
in quel Milano centro della musica
ma al Conservatorio repente fu molesto
avendo ei già vissuto l’età fisica.

X 37 — 40
Senza lasciar frustrato il luogo vivo
al Lavigna, Bepi giusto venne
e fu attento al cembalico divo,
della Scala Mastro senza strenne.

XI 41 — 44
Devossi indi a liete frequenze
de teatri dell’ambrosiane mura
onde fondar le personal istanze
che faran del genio sua premura.

XII 45 — 48
Il giovin messer Verdi, vide costì
senza intermedia stirpe alcuna
opere fresche, sceneggiate ognidì
che dell’arte copria ogne lacuna.

XIII 49 — 52
Quel che di Sforza fu baluardo,
divenne d’Austria ciambellano,
Bepi il fé di suo bel riguardo
a non esser di tal musica profano.

XIV 53 — 56
La giovine promessa non tediava
il tempo suo, all’uopo concesso;
mentre giusto nome e fama creava
spendea in teatro e corti lo stesso.

XV 57 — 60
Ed è così che non ebbe i sacri voti
per divenir mastro di cappella
ma grazie al ciel ebbe le doti
sol pel melodramma farsi ancella.

XVI 61 — 64
Venner quindi gli anni illustri
cui al lavoro egli dette fiamma
e da quei giorni, non vi frustri,
egli dette voce a vasta gamma.

XVII 65 — 68
D’opere tante fu lume e fattore
Rocester lunga e Stanislao bislacco
ma una certo l’incoronò creatore
quella che ognun conosce: il Nabucco!

XVIII 69 — 72
In essa appare il gran splendor del genio
del solo tutta la vasta immensità
nel suono e nella scena proemio
all’epica vicenda dell’umanità.

XIX 73 — 76
Ernani fu quindi il dramma più teso
cui Venezia fu chiesa in Fenice
dove genti passioni e conteso
divengon di mondo audace vernice.

XX 77 — 80
Venner quindi i Foscari e l’Alzira,
dei drammi verdiani la schiera,
in ognun egli tiene la mira:
per mostrar la passione più fiera.

XXI 81 — 84
Macbeth opera grande Bepi crea
ed è come il cugino Guglielmo;
parole gemelle certo non potea
fé della musica, sicuro, il suo elmo.

XXII 85 — 88
Nel mezzo del cammin di sua vita,
Verdi giunse alla fama del mondo;
ma pel suo zelo non crede sia finita
ed è la Francia del fine lo sfondo.

XXIII 89 — 92
Sorge inatteso il patriottico moto
in intime rime ascoso e non bruto.
Quindi è Schiller, scrivano ben noto
ch’egli non vuol che in sé resti muto.

XXIV 93 — 96
Splende ancor baldo nella Fenice
perfetto, d’equilibrio composto,
Rigoletto, che presto all’olimpo lo dice,
il brano che in Hugo fiducia ha riposto.

XXV 97 — 100
Sul Rigoletto incauto s’abbatte la furia
simil natural infausta tempesta,
che, nel musical tono che da goduria,
imita Venezia nel dondolar di questa.

XXVI 101 — 104
Poi venner drammi altri e forti
d’intenso ritmo e sostenuto
notizia alcuna è dato che vi porti
giacché il tempo è contenuto.

XXVII 105 — 108
Preme rimembrar che ei certo c’era
per Deputato nel primo Parlamento.
E con il creator della prima nazion vera
vide di Patria mancar giusto sentimento.

XXVIII 109 — 112
Cavour Conte Benso e Camillo pingue,
fece vergar sua fiera richiesta
per l’inno che nazion in forma giunge,
dell’Universal Esposizion di festa.

XXIX 113 — 116
Finché di vita ebbe Bepi il puro spirto
mai cessò segnar con serio impegno
quei modelli che avea in seno il rito
di comun schiatta e colta valori e segno.

XXX 117 — 120
Per finir, come al genio si conviene
ei morì; e vaste lodi furon ammesse;
e sempre crescenti più il tempo viene
ché dai mediocri ai morti sono tesse.

Nicola Eremita 14 agosto 2014
montanari docet

Dissertazione#45 Montanari docet

tomaso montanari mostre

Cito il testo dell’immagine qui sopra:
“Un sistema di società commerciali, curatori seriali, assessori senza bussola e direttori di musei asserviti alla politica sforna a getto continuo mostre di cassetta, culturalmente irrilevanti e pericolose per le opere.
È ora di sviluppare anticopri intellettuali, ricominciare a fare mostre serie, riscoprire il territorio italiano.”
Mi sembra uno sproloquio.

Rispondo:
le società commerciali sono quelle che per decenni hanno sponsorizzato la diffusione della cultura in questo paese. Gli imprenditori sono quelli che hanno comprato le opere degli artisti. Qui pare si vogliano demonizzare.

La locuzione “curatori seriali” è priva di significato, come anche la locuzione “assessori senza bussola” che altrimenti potrebbe essere un indizio della non appartenenza politica; ma subito si vuole demonizzare pure quella con la locuzione “direttori di musei asserviti alla politica”.

Sfornare a getto continuo mostre di cassetta significa avere enorme successo di pubblico e di contenuti; quindi anche qui è incomprensibile l’atto di demonizzazione.

L’irrilevanza culturale è un giudizio parziale assolutamente privo di fondamento e contraddittorio con la seguente locuzione: “pericolose per le opere”. Infatti se si tratta di mostre culturalmente irrilevanti significa che si tratta di opere culturalmente irrilevanti, in tal senso quale pericolo correrebbero?

La locuzione “sviluppare anticorpi” è un chiaro occhiolino al linguaggio pseudo-politico dei centri sociali, la parola “serie” invece pare strizzare l’occhio alla democrazia cristiana o ai ciellini. Riscoprire il territorio italiano invece è un ossequio al populismo.

Bravo Montanari che cerca supporto!!
Ti sei perso la Boldrini eh?

isolani senza humor

isolani senza humor

Eh, niente… A certi veneziani non piace la satira ( la chiamano goliardia… ). O meglio: piace quando sono gli altri oggetto del loro dileggio.
Un gruppo di presunta satira veneziana ( non faccio il nome per evitare di far pubblicità ) mi banna perché faccio vignette sui veneziani che corrono coi motoscafi ( causando disgrazie ). Eh, non si fa!!

Ecco il post che ho pubblicato nel gruppo:

isolani senza humor

Il gruppo è dedicato a chi fa il goldon a Venezia, pubblico il mio post che segnala quei goldoni che in laguna sfrecciano con i barchini, arrivando a planare e mettono a rischio la propria vita e quell’altrui. In veneziano “goldon” è sinonimo di coglione, stupido, scemo, eccetera.

Poco dopo ecco che Alessandro reagisce elogiando chi va sul barchino e fa la “planada” ( planata ). Faccio aperto riferimento al fatto che anche tra i veneziani ci sono parecchi goldon e ci vorrebbe una categoria speciale per loro.

isolani senza humor

Quindi mi chiedo se non abbiano timore a far satira anche con questo genere di veneziani e ricordo come funziona a Trieste.

isolani senza humor

Il giorno seguente sabato 19 gennaio 2019 un post del gruppo lamenta che facebook cancelli dal gruppo le persone che non vi partecipano. In realtà sono gli amministratori che cacciano la gente in massa perché non tollerano che altri facciano humor o satira o goliardia, chiamatela come vi pare.

isolani senza humor

Intervengo ribadendo quanto accaduto tempo addietro circa la censura dei miei interventi nel gruppo e vengo quindi bannato. Che assurdità!!!
Si lamentano di facebook e poi bannano chi contribuisce con la satira ad un gruppo di satira!!!
In realtà facebook non cancella nessuno dai gruppi, sono sempre e solo gli amministratori a farlo e qui lo fanno per impedire ad altri di partecipare.

isolani senza humor

Ma non solo, cancellano tutti i miei commenti al post… Incredibile!
Si sono spaventati??
Credevano che avessi intenzioni malevoli nei loro confronti?
Che mettessi in crisi il loro orticello?

La satira a Venezia è ammessa solo contro chi ci viene come turista. I veneziani sono intoccabili e se protesti scatta il ban. Bea gente!! Scoasse, altro che Goldon.

isolani senza humor

La storia inizia un paio di mesi fa quando, per puro spirito di satira, pubblico una foto di motoscafi che in laguna sfrecciano in planata mettendo a rischio la vita delle persone. Scrivo anche un articolo ( non di satira ) sull’argomento eccolo qui:
https://www.nicolaeremita.it/padroni-della-laguna-di-venezia/

isolani senza humor

Pubblico la vignetta in alcuni gruppi veneziani tra i quali quelli di satira di goldoni o roba simile. La vignetta viene cancellata. Mi chiedo per quale motivo?

isolani senza humor

Ecco le risposte: come vedete questi signori che farebbero satira, l’ammettono solamente nei confronti dei turisti e degli stranieri. Non è ammissibile far satira verso gli stessi veneziani che spesso assumono comportamenti molto stupidi e pericolosi causando anche la morte del prossimo.

isolani senza humor

isolani senza humor

isolani senza humor

isolani senza humor

isolani senza humor

ai lav laura boldrini

ai lav Laura Boldrini

Dopo i recenti facts che hanno visto Laura Boldrini victim di ferocious attacks da parte di potentati di casalinghe poco istruite ed artigiani evasori dalle mani sporche, la dignità ed il respect che ispira la figura di codesta rappresentante del Governo Italiano mi impone questa riflessione e questo auspicio.

Il Centro Destra; ma che dico!
anche il Centro Sinistra; ma che dico!
L’intero arco parlamentare dovrebbe adottare Laura Boldrini, darle dei prize, invitarla a meeting, farla parlare liberamente il più possibile. Senza alcun contraddittorio, darle possibilità di dirla tutta; offrirle le più ampie possibilità di ascolto da parte del più large pubblico.

laura boldrini guarda cose

Il Centro Destra; ma che dico! Anche il Centro Sinistra; ma che dico! L’intero arco parlamentare dovrebbe consentire che si eserciti quest’operazione trasparenza e libertà. Date spazio a Laura Boldrini!

Si dovrebbe offrirle un TV broadcast dedicato, una rubrica su tutte le reti nazionali agli orari best; anche le radio dovrebbero contribuire. Darle l’opportunità di dire la propria su tutto: dalla politica estera ai pannolini, dalla spesa militare alla sanità fino alle licenze di caccia/pesca a quando sia il momento migliore per concepire un figlio.

Si dovrebbe farle condurre show e quiz; farle condurre programmi d’opinione. Si dovrebbero coprire con la sua immagine e i suoi consigli, tutti gli orari dei palinsesti televisivi nazionali e, se possibile anche con rai sat.

Ovviamente dovrebbe essere ospite fisso di tutte le rubriche televisive quali: “la vita in diretta”; “domenica in”; “porta a porta”; “ballarò”; “matrix”; “che tempo che fa”; “in onda”; “di martedì”; “quinta colonna”; “pomeriggio cinque”; “annozero”; “uomini e donne”; “bontà loro”; “David Letterman”; “omnibus”; “l’infedele”; “Larry King live” eccetera. A “Forum” dovrebbe essere giudice e giuria.

laura boldrini dice cose

In caso di sovrapposizione di orari Laura Boldrini avrà diritto ad inviare una sosia certificata per sopperire alla propria assenza.

Laura Boldrini dovrebbe essere di diritto, member di tutte le commissioni per assegnazione di premi letterari, artistici, scientifici nazionali ed internazionali. L’Italy intera dovrebbe proporla come membro onorario di tutti i comitati nazionali ed international per l’assegnazione di borse di studio e di ricerca oltre che del comitato per il Nobel. Scontata dovrebbe essere la candidatura per il premio Nobel per la Pace 2018 e anni a seguire.

Non si dovrebbero trascurare anche i manifesti; dovrebbero esserci manifesti con i suoi migliori aforismi sparsi per tutto il territorio nazionale; non si dovrebbe trascurare nemmeno la Svizzera italiana e ancor meno i nostri connazionali all’estero, loro dovrebbero ricevere un bollettino quotidiano con tutti gli aggiornamenti sugli orari delle trasmissioni e gli estratti degli articoli apparsi sui newspaper.

Il mio sincero desiderio sarebbe quello che, per i prossimi vent’anni, non si parli di altro che di Laura Boldrini e delle sue idee, delle sue esternazioni, dei suoi consigli delle sue convinzioni e ideali.

Vorrei che le scuole dell’obbligo pubbliche e private avessero un’ora alla settimana di lezione dedicata allo studio della figura e delle opere di Laura Boldrini, anche senza tralasciare la sua biografia e la storia della sua famiglia le sue origini i suoi studi.

laura boldrini riflette sulle cose

Lo Stato Italiano dovrebbe assumere una cinquantina di esperti agiografi per tramandare nel tempo la parola di Laura Boldrini affinché non sia dimenticata per almeno 1000 anni e più.

Gli artisti “politically-correct” dovrebbero ricevere commesse per la realizzazione di mezzi busti e corpi interi di Laura Boldrini ( antifa ) da recapitare a tutti gli office di tutte le aziende pubbliche e private ed una statua di Laura Boldrini dovrebbe essere installata avanti a tutti i caselli autostradali d’Italia oltre che nelle stazioni ferroviarie metropolitane e negli aeroporti.

Una targa di bronzo con il volto di Laura Boldrini dovrebbe essere installata in ogni fermata di autobus. Ovviamente questi lavori artistici dovrebbero essere realizzati gratis o a spese degli artisti stessi i quali dovrebbero gioire nella pubblica piazza per aver avuto l’onore di celebrare cotanto prestigio
( north korean way of life ).

Le università ed i centri di ricerca internazionali dovrebbero istituire dei seminari per l’analisi e la divulgazione delle opere e delle parole di Laura Boldrini, corsi di laurea dovrebbero essere creati specificamente per Laura Boldrini, ci si dovrebbe poter laureare in “Laura Boldrini”.

Credo sia tutto… ai lav Boldrini!