La malsana lengua

Si tratta di un idioma estrapolato artificioso avulso da ogni origine culturale o etnica, se non per i limiti imposti al suo tirannico ideatore ( Nicola Eremita ) dalla sua ristretta e dozzinale cultura.

La malsana lengua cerca più che altro l’onomatopea e la forza espressiva della fonetica che possa rendere il senso plastico e realistico dei fatti. Essa si avventura nella ricerca di contrasti e nell’intento di stravolgere regole grammaticali e sintattiche senza impedire la comprensione ma piegando essa alle esigenze estetiche informali.

La malsana lengua non disdegna l’uso di termini scientifici, neologismi, la rima, non disdegna proprio nulla e nessuno. Ruba da tutta la narrativa la prosa la poesia la cronaca di cui l’autore possa far razzia.
Non ha dogmi, non ha codici se non quelli che impongono di dare un senso a ciò che si scrive, altrimenti non sarebbe sbagliato ma non sarebbe la malsana lengua, sarebbe il ben noto “non sense”.

Il suo scopo è un esito fonetico o musicale armonico ma anche, cacofonico a seconda dell’intenzioni e dei contenuti. Perché dominano la malsana lengua proprio le intenzioni ed i contenuti.

Se nelle arti figurative è stato ammesso l’inammissibile, è stato sdoganato il nulla, l’astrazione fine a sé stessa, l’incapacità manuale quale affermazione artistica al di soprà della tecnica ed in pura celebrazione dogmatica dei contenuti, si dovrà ammettere anche nelle lettere che si possa ignorare la lingua così come formalizzata e codificata, per la pura esigenza del contenuto al quale l’elementare suono delle parole va soggiogato senza pietà alcuna.

Lo scopo è rendere lo scritto corollario al contenuto come la cetra poteva essere il corollario ai cantastorie medievali, in esso insomma deve infondersi non solamente il significato ma anche una speciale armonia.

Ecco, in poche banali parole cos’è la malsana lengua. L’efficacia nella sua espressività resta tutta nelle mani di chi la usa e come.