cop26 climate change professione oppositore ai regimi

Professione? Oppositore ai regimi!

Si sono ritrovati, hanno discusso a lungo, si sono scambiati idee, intenti, progetti, possibilità, visioni.
Hanno governi e governanti differenti, che affrontano distinte realtà. Rappresentano popoli diversi e a volte distanti idealmente, culturalmente, moralmente. 
L’esito non poteva certo essere molto altro da questo. Gli interessi, i bisogni, sono quelli di miliardi di persone e di ampie reti di potere politico, finanziario, economico. 
Solamente una mente elementare, che aizza altre menti elementari ( per non dire di peggio ), può giudicare “blah blah blah” il fatto che si svolgano questi simposi. I peggiori dittatori ed i più tristi ed infami sistemi di repressione possono giudicare negativamente COP26. 
Eppure, nel gioco degli equilibri e delle sensibilità, anche Greta Thunberg, con tutto quello che si porta dietro e con la sua genesi, ha un ruolo positivo ma solamente se rientra in un sistema di potere che dia ad ognuno il suo.
cop26 thunberg blah blah blah
 
Non è certo come secoli fa quando tutto era più semplice e lineare. Oggi la complessità regna; ma ricordiamoci sempre che tutti noi del popolo rifiutiamo la complessità, pretendiamo risposte semplici, dirette, sillogiche.
Quest’ansia di banalità, di risposte rapide e soluzioni “readymade”, è il feto del nuovo conformismo, partorito dopo la seconda guerra mondiale, abbuffato nell’occidente delle rèclame, divenuto obeso dopo queste ultime rivoluzioni informatiche, che dovevano ridurre il peso del lavoro e renderci dediti alla meditazione mentre ci hanno svelato paranoici e refrattari a quelle presunte “leggi naturali” immaginate da antichi ottimisti e sempre più incatenati al brutale “posto di lavoro”.
Siam quel che siamo e non c’è tanto da esserne fieri. I governanti progressivamente son meglio dei governati ed è questa l’inquietante realtà che mi si paventa ogni giorno di più.
Le cronache recenti squarciano siparietti accademici affollati da professorini, filosofucci, e studentelli che strumentalmente bullizzano il lemma “libertà” con deprimenti speculazioni pseudo-sanitarie o di rassettamento-pubblico. Non voglio nemmeno accennare al resto che sta sotto la soglia del diploma di laurea e che bercia nelle strade da 2 mesi con la bava alla bocca.
professorini filosofucci studentelli portualetti cop26 covid19 greenpass
Diciamo la verità: l’integrazione tra governo/impresa/scienza rischia di togliere passatempi a tanti che avevano assunto il ruolo di “oppositori ai regimi”.
Facciamoci una domanda: se era solo “blah blah blah”, significa che il primo mondo avrebbe dovuto imporre condizioni dure al secondo ed al terzo che si affacciano ora ad uno sviluppo industriale e ( si spera ) sociale di massa che fino a poco fa era impensabile?
Cosa si aspettavano i duri e puri dell’ambientalismo?
Moratorie contro l’India, la Cina e magari l’Africa?
God bless this mess.
addio imene

Addio all’imene!

Sarebbe ormai ora di perdere la verginità. dire addio all’imene morale che ci siamo rifatti infinite volte.

la globalizzazione

Viviamo in un mondo retto dal sistema dei capitali ( prima economici, ora ormai del tutto finanziari ).
La globalizzazione è stato il grande fumo negli occhi dei progressisti e dei post-positivisti per nascondere una sorta di nuovo schiavismo ma ha anche emancipato miliardi di persone da condizioni ben peggiori.
Ascoltavo, durante i lontani anni novanta, nelle lezioni universitarie di Cà Foscari ( Economia Aziendale ), quell’entusiasmo pionieristico di chi è convinto di cavalcare la tigre di un cambiamento storico epocale, in cui l’impresa è come una grande falena che va là dove c’è più luce ( profitto ). Tutti distratti dalla riduzione dei costi fissi, tutti ciechi davanti alla gigantesca slavina antropologica delle società emergenti sovrappopolate.
Una slavina lenta ed inesorabile che inizia solo oggi a lambirci ma che ci travolgerà.

La Cina è un paese in cui i diritti non contano, che tutela la Corea del Nord, paese in cui la vita non conta. Codesta vita ha un valore eminentemente quantitativo anche nei paesi democratici, in particolare negli Stati Uniti. Per l’India la vita umana è una massa informe di genti come greggi. Potremmo andare a ritroso nel tempo e trovarci tutti protagonisti di repressioni assassinii e dittature. Ciò che conta, tuttavia è sempre il presente ed il futuro ma non siamo educande, noi europei.

La retorica del cambiamento

Avremmo il dovere di escogitare un nuovo regime economico-sociale che sia realmente basato sulla felicità dell’uomo, o almeno di porne le basi.
Questa crisi sanitaria, che sembra l’unica da decenni ma che è tale solamente per i paesi avanzati, essendo sciagure simili ed anche peggiori, all’ordine del giorno nei paesi arretrati, è stata invece preda della retorica del cambiamento.

Una retorica che ha fatto breccia nel cuore di molti progressisti e liberali che non vedono l’ora di farla finita con quell’universo del tutto italico delle microimprese, dei piccoli professionisti e dei commercianti. Si, perché per costoro le microimprese sono inefficienti mentre le medio grandi sono in grado d’implementare i processi virtuosi dell’economia verde. A detta loro eh, in  base ai loro dati e statistiche. Sorvoliamo quindi sulla capacità di lobbing delle grandi imprese che in tal modo possono plasmare le amministrazioni degli Stati e delle Comunità di Stati.

Cosa ha prodotto finora questa retorica del cambiamento?
Molte parole, molti litigi. Si litiga molto lungo lo stivale. Si litiga e si smania per gli slogan ( decine di slogan rassicuranti durante la quarantena ).

C’è chi vorrebbe uno Stato che incentiva, un mondo imprenditoriale accentrato e ciclopico che massimizza, un mondo operaio che esegue, una riduzione delle classi sociali. Questo disegno semplice ma concreto viene nascosto dietro valanghe di parole, di terminologie anglofone, di pose che diano un’aura innovativa.

Il fatto è che questa visione potrebbe essere corretta e auspicabile ma invece di essere dibattuta nell’agone politico, istruita di buoni propositi e metodologie operative, corroborata dall’interesse della comunità, in assoluta trasparenza, viene trafugata quasi di soppiatto in occasione di una sciagura collettiva. Ecco che nascono i rivoluzionari opportunisti…
Poteva accadere solamente in Italia!
Sorge infine la pretesa rivoluzione coatta o la coazione alla rivoluzione retorica. Ne parleranno i posteri? 

Tale condotta cosa sta producendo?
Malcontento. Una larga fetta di popolazione, in grave crisi economica, terrorizzata dalla prospettiva di perdere lavoro, capitali e benessere, ascolta questi rivoluzionari opportunisti che parlano di cambiamento, che vaticinano che nulla sarà come prima. Viviamo un’epoca di stravolgimenti adesso, quando 60 giorni prima si facevano i conti della serva per quadrare il bilancio, senza la minima prospettiva oltre alla sopravvivenza.
Sono intenzioni opposte a quelle che saggiamente si dovrebbe avere col popolo ma è tipico di certi rivoluzionari pretendere di costruire il popolo per la rivoluzione e non di costruire una rivoluzione per il popolo.

Questo andazzo sconclusionato e confusionario è l’esito di decenni di faziosità di ideologismi e di scarsa onestà verso noi stessi e gli altri. Siamo troppo legati al nostro quotidiano, incapaci d’avere visioni a 15 / 20 anni e ciò è per colpa del fattore tempo legato al fattore interesse. Siamo spossati dai rendimenti azionari dagli utili infiniti che debbono fare gli azionisti.
Ci perdiamo nel gossip e nelle buste paga dei parlamentari e ci scordiamo di selezionare i parlamentari per le loro capacità empatiche. Siamo disperatamente arretrati sul piano della convivenza.

Basta solo pensare al fatto che si parla di economia verde ma si pensa di incentivare l’acquisto di auto nuove invece di favorire il riuso, il mercato dei pezzi di ricambio, la manutenzione, l’aggiornamento dei motori con kit. Tutte cose che darebbero miliardi di ore di lavoro alle microimprese.
Chiaro?

Se ci sarà una possibilità la vedo ora in questa sciagura ma temo che il risultato sarà sempre e solo aiuti ai colossi ( che hanno sempre scaricato le perdite sulla società ) e nulla, o quasi, ai piccoli e piccolissimi imprenditori e professionisti. Voglio sbagliarmi ma questa è ora ( 06 giugno 2020 ) la mia impressione.

Ecco come finirà quella rivoluzione opportunista condita prima di caramellosi slogan, poi di viscidi proclami patriottici ad un’unità mai perseguita da nessuno. Perché mai nessuno ha avuto il coraggio la forza le palle di farlo, perdendosi ognuno ( ognuno a suo modo ) nella demolizione dell’idea federalista che fatalmente avrebbe favorito quella coesione che oggi fingiamo di mendicare.
Ma l’imene morale sarà salvaguardato!!